Petternella 2016: Le Dolomitiche a Rovigo per stupire

Anche Le Dolomitiche parteciperanno al torneo Mirko Petternella. Tra le squadre presenti alla kermesse rodigina ci sarà infatti anche il Rugby Alpago, come informa il comitato organizzatore del torneo. Ecco la nota ufficiale.

Il Rugby Alpago femminile, conosciuto anche come ” Le Dolomitiche “, nasce nel 2014 con l’intenzione di avvicinare sempre più le ragazze a questo nobile sport, in provincia di Belluno, nella splendida cornice della Conca dell’Alpago.

“Le Dolomitiche” in questi primi due anni di attività hanno già ottenuto degli ottimi risultati andando sempre alle fasi finali nazionali Under 16 inoltre,una parte di loro, ha vinto i Campionati Italiani Studenteschi il primo anno e vice-campionesse quello successivo.

I nomi delle ragazze sono:
Vanessa Barboglio , Veronica Bernardi, Jennifer Bortoluzzi, Lisa Collazuol, Giulia D’ Alpaos, Deborah De Col, Jessica Facchin, Sarà Fornasier, Asya Guolla, Iris Guolla, Matilde Sitran, Gaia Zamarioi, Eleonora Zanon, Tamara Zanon.

Lo staff: dirigente responsabile Michele Rizzoli, allenatore Ilio Bortoluzzi , accompagnatori Enrico Collazuol, Maurizio Facchin e Serena Piazza’.

Petternella 2016: ecco il turno del Vicenza

Continua la presentazione delle squadre che parteciperanno al torneo ‘Mirko Petternella’. Questo il comunicato relativo al Vicenza.

Vicenza ha una gloriosa tradizione di rugby femminile alle spalle, ma solo negli ultimi anni è ripreso un serio progetto per ricostituire in città una squadra di ragazze in grado di competere con i migliori club italiani.

Allo stato attuale le “Biancorosse” partecipano con una formazione seniores alle sfide della Coppa Italia rugby a sette.

Elenco Giocatrici :

MILANO SARA
TIVELLI LUCIA
PRIMON VERONICA
LAZZARIS LISA
PARISE GIULIA
ZARANTONELLO MARZIA
PRIMON VANESSA
GABRIELLI EVA
DALLA VALLE SILVIA
MOLON FRANCESCA
CATAGINI ANNA
LAZZARO CLAUDIA
ZAMBERLAN ANNA
GIAMELLO GIULIA
CERA RACHELE
LANA LIDIA
SARTOR ELISA
CALDONAZZO LISA’.

Petternella 2016. Beatrice Benvenuti: 'Competizione fondamentale per la crescita del Seven in Italia'

Nelle scorse interviste – così il comunicato stampa del comitato organizzatore del torneo ‘Mirko Petternella’ – abbiamo spesso sottolineato come l’Italia purtroppo non sia stata rappresentata alle recenti Olimpiadi di Rio nel rugby a sette. Una dichiarazione che, tuttavia, non corrisponde del tutto a verità, dal momento che una rappresentante della palla ovale nostrana, in realtà era presente ai giochi. Si tratta di Maria Beatrice Benvenuti, convocata dal panel World Rugby tra gli arbitri della manifestazione.
Siamo andati a fare quattro chiacchiere con lei.
Quando ha iniziato ad arbitrare e quando ha capito di avere una passione per il rugby?
“Ho cominciato ad arbitrare alla tenera età di 16 anni, in un piovoso novembre del 2009. La mia passione per il rugby è nata circa dieci anni fa, a L’Aquila grazie ai miei due fratelli più piccoli che avevano iniziato a giocare nel famoso Centi Collella. Da lì ho sempre seguito con la mia famiglia tutti i loro tornei in giro per l’Italia innamorandomi sempre di più di questo sport, anche se allora ancora partecipavo solo dagli spalti”.
Come sono andate dal suo punto di vista le Olimpiadi?
“Le Olimpiadi di Rio sono andate molto bene, contro ogni aspettativa forse, vi dico solo che nella finale femminile abbiamo raggiunto 14.000 spettatori. Insomma anche i numeri parlano da soli!
Le emozioni e i ricordi sono tanti e tutt’ora mi fanno venire la pelle d’oca. Calpestare l’erba di un campo olimpico e vivere dall’inizio alla fine della partita l’emozione e allo stesso tempo la pressione dei giocatori è un qualcosa di indescrivibile. Il ricordo migliore: la stretta di mano con il capitano della nazionale colombiana nel tunnel prima di entrare in campo nella mia prima partita. Mi ha detto: grazie arbitro di condividere con noi questo esordio. A prescindere da come andrà, per noi è un onore ed una gioia immensa entrare a giocare su questo campo. Buona partita!”.
Obiettivi futuri.
“Sei nazioni per quanto riguarda il rugby a quindici e continuare il percorso intrapreso da oramai tre anni nel 7’s World Series, nella speranza di continuare ad aprire qualche porta a chi seguirà le mie orme”.
Pensa che le Azzurre potranno puntare anche loro all’obiettivo olimpico a breve?
“Le ho viste più volte nei tornei europei. Proprio lo scorso luglio ho partecipato con loro al mondiale universitario di Swansea in Galles. La tenacia non manca, serve solo continuare a lavorare duramente come stanno già facendo e soprattutto essere squadra. Sono certa possano puntare all’obiettivo olimpico e tifo per loro perché riescano a realizzare presto anche questo sogno, se lo meritano davvero, vi assicuro”.
Conosce il Torneo Petternella, l’unico Seven a campo completo femminile in Italia?
“Si, lo conosco per fama, ne ho sentito parlare perché ormai è una competizione internazionale fondamentale per la crescita del rugby Seven in Italia”.
Nella foto (gentile concessione di Francesco Turchetto): Maria Beatrice Benvenuti.

Petternella 2016: ecco le croate dello ZARK Mladost

Tra le formazioni straniere ospiti al Torneo di rugby Seven Femminile ‘Mirko Petternella’ ci saranno anche le corate dello ZARK Mladost. Ecco chi sono.

La Zanski Akademski Ragbi Klub Mladost, per gli amici più semplicemente ZARK Mladost, è una delle formazioni straniere che parteciperanno alla prossima edizione del Torneo Petternella. 
La squadra, che ha come proprio simbolo una fenice, proviene dalla Croazia ed in questi giorni ne siamo andati alla scoperta. Ci risponde la team manager Sanja Kozina.
Quando è stato fondato il club?
“Nel 2000, come parte dell’HARK Mladost, la formazione maschile e poi nel maggio del 2001 abbiamo dato vita ad un’entità a sé con una formazione femminile dal nome Victoria. Nel 2006, poi, abbiamo assunto l’attuale denominazione, diventando la prima squadra indipendente di rugby in Croazia”.

Al momento su quante giocatrici può contare la vostra società?
“Abbiamo 15 atlete e disputiamo sia il campionato croato che quello ungherese. In Croazia questo è stato il primo anno di un vero e proprio torneo, con la partecipazione di quattro club. Noi ci siamo piazzate al secondo posto”.

Quindi il rugby in Croazia sta muovendo i primi passi?
“Sfortunatamente in maniera molto lenta. Siamo entusiaste comunque di poter disputare questo nuovo campionato e che ci siano quattro squadre. Purtroppo molte ragazze e i loro genitori pensano che il rugby sia uno sport prettamente maschile”.

Cosa piace alle ragazze croate di questo sport?
“Le nostre ragazze amano il rugby perché è un gioco dinamico che connette le persone e crea amicizie. Amano poi il rugby a sette perché è veloce e il risultato può cambiare ad ogni minuto”.

Non sarà, però, la vostra prima partecipazione al Torneo Petternella.
“Gli organizzatori del torneo ci accolgono sempre a braccia aperte e sono talmente amichevoli che riusciamo sempre a portarci a casa un ottimo ricordo alla fine. È un piacere ed una grande esperienza poter giocare in questa manifestazione ed ogni squadra è davvero forte”.

Quali sono i modelli a cui si ispirano le ragazze?
“Emily Scaratt, Jen Kish, Magali Harvey, Heather Fisher, Maggie Alphonsi, Portia Woodman and Emilee Cherry. E poi Charlotte Caslick per la sua bellezza”’
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Petternella 2016: parla Flavia Severin, tra boxe, atletica e sollevamento pesi…Ma l'amore per l'ovale…

Il 3 febbraio 2013, al termine di un incontro che resterà nella storia e dal sapore epico, l’Italia sconfigge 23-18 la Francia allo Stadio Olimpico di Roma. Ad anticipare la Nazionale, tuttavia, il 2 febbraio a Rovato, provincia di Brescia, è stata la formazione femminile, impostasi sulle transalpine 13-12. Trasformazione del sorpasso di Veronica Schiavon e meta nel finale per la vittoria di Flavia Severin.
Flavia, per tutti più semplicemente Fly, è la donna bionica del rugby italiano. Una vera e propria wonder woman.
Lo scorso anno ha abbandonato momentaneamente la palla ovale e le “sue” Red Panthers, oltre che l’azzurro, per dedicarsi al progetto ambizioso di partecipare alle Olimpiadi di Rio. Un sogno purtroppo sfumato per poco.
“Col senno di poi e arrivata ora a mente fredda – confida Flavia – Devo dire che la decisione presa dallo staff tecnico e da quello medico è stata giusta. Certo, dispiace moltissimo e resta il grande rammarico. Ho guardato i Giochi in televisione e naturalmente un bel po’ di frustrazione c’era”.
Si, perché Flavia non eccelle solamente nel rugby, ma pratica ben altre tre discipline sportive.
Il primo amore è stato quello per la palla ovale, iniziato a 4 anni nel Rugby Paese, in provincia di Treviso, seguendo le orme del fratello Stefano. Il tutto fino al mini rugby per poi riprenderlo a 18 anni con le Red Panthers e fare incetta di titoli italiani.
Poi, l’atletica leggera.
“Gareggio con il Cus Parma ed ho un personale nel lancio del peso di 14,69 metri”.
La boxe.
“Ho iniziato con la società Treviso Ring per seguire le orme di mio padre che l’aveva praticata in gioventù e vinto il primo titolo italiano proprio il giorno del suo compleanno”.
Infine il sollevamento pesi con la Pesistica Montebelluna.
“Avevo la domenica libera”.
Nella boxe, Flavia ha scoperto una seconda fortissima passione, arrivando a giocarsi titoli europei e mondiali nella categoria +81, i supermassimi, e vincendo per tre volte consecutive il titolo italiano.
“Ho lavorato un anno per perdere peso e arrivare ai 75. La grossa difficoltà è stata poi mantenerlo, ma l’obiettivo era quello di provare ad arrivare a Rio. Purtroppo dopo un anno di durissimi sforzi e sacrifici, il mio corpo ne ha risentito e non ero al top della condizione per poter andare ai Giochi. Dispiace tantissimo, come detto, ma di sicuro non getterò la spugna”.
Intanto ci sarà anche il ritorno alla palla ovale, dove gioca praticamente in tutti i ruoli di mischia, ma in special modo in seconda linea e, nel suo recente passato, anche varie partecipazioni al Torneo Petternella.
“Lo vedo come il massimo torneo italiano per il rugby a sette. È una bella prova ed un ottimo allenamento per puntare ad essere competitivi, chissà magari in futuro anche alle Olimpiadi”.
Alla kermesse sono legati anche alcuni dei ricordi più particolari di Flavia.
“Intanto una vittoria ottenuta con la formazione della mischia delle Red Panthers. Avevamo fatto due squadre, una dei trequarti e appunto quella della mischia e a sorpresa vincemmo noi. Probabilmente il nostro non era un vero e proprio rugby a sette di spettacolo e velocità. Si sa, in fondo, le prime otto sono considerate quelle che fanno il lavoro faticoso, di sacrificio. Poi l’altro ricordo è che per la prima volta al Petternella ho piazzato dei drop. Una cosa che non avrei mai potuto fare in Campionato”.
Nella foto (gentile concessione di Elena Barbini): Flavia Severin impegnata in una touch con la maglia della Nazionale Italiana.

Petternella 2016. Arancio: 'Difficile trovare in Europa una competizione simile'

Orazio Arancio è stato tra i giocatori di rugby più significativi della “sua” Sicilia, arrivando ad indossare per 34 volte dal 1993 al 1999 la maglia della Nazionale Italiana. Oggi, il suo impegno continua come dirigente sportivo e federale, con particolare attenzione al rugby a sette.

“Magari non sempre è facile percepirlo, però, in questo ambito ci stiamo muovendo molto. Non è facile sicuramente creare un gruppo forte in un contesto dove non si gioca questa disciplina o si gioca poco. Sarebbe inutile fare investimenti importanti, dove non si pratica questo sport, perché di fatto il rugby a sette è una disciplina diversa da quello a quindici. Adesso sembra che sull’onda del grande interesse generato dalle Olimpiadi, diverse realtà stiano iniziando ad apprezzarlo e ad interessarsi”.
Sinora comunque i progetti non sono mancati.
“Da parte mia, ho voluto lavorare molto soprattutto con i Comitati Regionali ed altre strutture dove poteva essere possibile, come le Accademie. Avrei voluto che fossero più coinvolte anche realtà che magari finiscono prima i propri tornei e quindi possono svolgere l’attività Seven nel momento ideale di fine stagione, tra maggio, giugno, luglio. Penso alle varie formazioni Under 18, ma perché no pure Serie B o C. Questo avrebbe importanti ripercussioni. Intanto dal punto di vista tecnico, dove ormai è palese l’utilità del Seven per migliorare capacità atletiche e abilità. Ma poi, ci sarebbe una forte motivazione sociale. Un torneo a sette viene giocato da più squadre sullo stesso campo e non mancherebbero occasioni per socializzare e condividere la nostra passione per questo sport. Purtroppo sappiamo che spesso queste idee vanno a scontrarsi con la mancanza di risorse, che è il vero scoglio da superare”.
Quali iniziative sono previste quindi per incentivarne la pratica?
“Come dicevo, è aumentato l’interesse in questo momento, grazie ai Giochi Olimpici e ora vedremo se avremo un riscontro effettivo nei prossimi mesi. Stiamo continuando ad organizzare da anni corsi per allenatori. A Parma ne abbiamo svolto uno con successo e con la richiesta di partecipazione anche di sette tecnici provenienti dalla Germania, perché l’Italia è tra le poche nazioni ad organizzare corsi simili ed in questo devo dare grande merito al nostro allenatore Andy Vilk. Purtroppo, però, il vero passo da compiere è una prospettiva culturale diversa nella visione che nel nostro Paese abbiamo del rugby a sette. Da parte nostra, le iniziative sicuramente non mancano. Stiamo lavorando molto con le Accademie, dove il Seven aiuta molto a migliorare le skills. L’obiettivo in questo caso è duplice. Da un lato la volontà di, per così dire, insegnare rugby, migliorando i gesti tecnici, dall’altro anche quello di capire le potenzialità dei ragazzi e valutare su quali poter investire per il futuro. Il rugby a quindici è la naturale riserva per la palla ovale italiana ed è giusto che sia così. Magari, però, non tutti vi sono adatti e allora poter scovare giocatori più adatti al Seven già verso i quindici, sedici anni, sicuramente può aiutare nella crescita. È un po’ quello che stiamo facendo anche con la Nazionale, considerando che negli ultimi tour, su quindici giocatori, ben undici erano esordienti. I ragazzi di qualità in Italia non mancano e, nonostante le critiche, i progressi si vedono. Spesso parliamo di ragazzi che fanno sacrifici enormi, che non vanno in vacanza, che stanno lontani dalle famiglie, e tutto solo per potersi preparare al meglio”.
Cosa manca dunque per pensare di competere al livello delle formazioni top?
“Manca la possibilità di giocare, di confrontarsi e un vero legame tra le realtà dei nostri Campionati ed il Seven. Il movimento, però, sta arrivando anche a questo. Bisogna iniziare a lavorare adesso per pensare sì alle prossime Olimpiadi, ma pure in un’ottica di una possibile futura candidatura italiana. Qualcosa si sta muovendo. Stiamo, ad esempio, parlando con alcuni club della possibilità di istituire tornei che possano contribuire ad allargare la base e anche a migliorare i rapporti di collaborazione tra le società attraverso prestiti tra club limitrofi. Ci piacerebbe provare anche a portare una tappa del circuito europeo in Italia”.
I modelli da studiare non mancano.
“Non sempre i modelli importati da altri Campionati, come la Premiership inglese, necessariamente possono funzionare da noi, visto che abbiamo caratteristiche completamente diverse dal punto di vista socio-culturale, ma anche per impiantistica e quant’altro. Nel nostro piccolo ci stiamo muovendo e stiamo cercando di portare avanti questo progetto. Il Giappone è arrivato di recente quarto ai Giochi di Rio, in un’ottica di prospettiva verso le Olimpiadi di Tokyo nel 2020, ma ha fatto investimenti notevolissimi e potuto sfruttare pure le naturalizzazioni di più atleti. Un altro modello da osservare è quello spagnolo, ma anche qui parliamo di una realtà che investe nel Seven da almeno quindici anni e che ha posto quello come obiettivo primario nella propria attività rugbistica. Fanno da contraltare altre che hanno investito moltissimo, come ad esempio la Russia, la Germania o l’Irlanda, che però non sono riuscite a qualificarsi”.
Nell’attesa, però, un grande torneo italiano esiste da vent’anni.
“Le volte che sono stato al Torneo Petternella, devo confessare che mi è sempre piaciuto moltissimo. È un torneo di qualità. Un appuntamento immancabile e di grande rilievo nel nostro panorama, ma probabilmente tra i più importanti a livello europeo. Sono stato ad altri tornei in Europa e spesso non ci sono gli stessi numeri del Petternella. Consentimi con l’occasione di salutare Gisella ed Enrica e ringraziarle per quanto fanno per il rugby femminile, a sette e non solo”.

 

Petternella 2016, la storia di Tatiana e Selena e dell'amore (ovale) tra madre e figlia

Quella di Tatiana e Selena è una storia di rugby e di sport sì, ma prima di tutto è una storia di vita e di amore. Quello di una madre per la propria figlia, quello che unisce in un legame unico due donne, una affermata ed una in divenire, all’interno di una stessa squadra, a rincorrere un pallone ovale. È il primo novembre dello scorso anno e il campo è quello di Rozzano, provincia di Milano. Si disputa la partita di andata del Campionato di Serie A Femminile tra le padrone di casa del Chicken Cus Pavia ed il Rugby Casale. Nella formazione ospite milita Tatiana Cesca. Nata in Nuova Zelanda da madre maori e padre italiano, ha vissuto nel Paese della grande nuvola bianca fino ai nove anni, per poi trasferirsi in Australia. Lì avviene il primo approccio con la palla ovale, ma nella versione touch, che inizia ad amare e a seguire con attenzione. Da lì nasce anche l’unione con il marito Martin Jensen, che si trasferisce poi a giocare in Italia nell’alto trevigiano tra Conegliano e Rugby Piave, ed ora allena il Villorba Under 18.
“Con il touch mi sono divertita molto e ho potuto rappresentare l’Italia in diversi tornei ed a competizioni importanti come i Campionati Mondiali ed Europei. Poi quando è nato il Rugby Casale femminile ho deciso di provare con il quindici. Mia figlia Selena mi ha sempre seguito e tra le mie partite e quelle del padre ha sempre giocato anche lei, quindi diciamo che il rugby lo ha nel sangue. Nel Rugby Piave ha iniziato a giocare coi piccoli e poi è passata a Treviso, al Villorba ed al Casale. Lei gioca come mediano di apertura o estremo e anch’io generalmente sto nei trequarti”.
Generalmente. Sì, perché quel giorno il Rugby Casale è a corto di giocatrici e allora…
“Abbiamo chiesto al Villorba di poter avere in squadra con noi Selena e lei è partita come estremo, mentre vista l’assenza di ragazze in mischia, mi è stato chiesto di spostarmi come numero 8”.
Non del tutto insolito veder giocare in una stessa partita dei parenti, ma di solito avviene tra fratelli, sorelle o cugini.
“Un’emozione fortissima pensare di scendere in campo con la propria figlia. Certo sono sempre sua madre e l’istinto è quello di proteggerla e stare sempre attenta, sia durante gli allenamenti che in partita. L’ho voluta nella mia stessa squadra, perché ci sono diverse ragazze che vengono da fuori e fanno molti sacrifici. Lei è già una piccola donna che s’impegna tanto in quello che fa, oltre alla scuola e al rugby, c’è anche la passione per il canto. Però voglio che capisca che nella vita non sempre tutto è facile e quanta passione serva per ottenere ciò che si vuole”.
Selena è già nel giro delle selezioni regionali e ad oggi della Nazionale Under 18. Classe ed estro da black fern non le mancano e così in quella partita sguscia nella difesa avversaria per andare a marcare una doppietta personale. “A quel punto mio marito continuava a dire che dovevo segnare anch’io per fare completa la festa. A due minuti dalla fine sono uscita da una mischia e sono riuscita ad arrivare oltre la linea. La mia prima meta da terza linea e comunque tra gli avanti. E una grande gioia poterla condividere in campo con mia figlia. Fuori c’erano anche dei nostri amici neozelandesi che erano venuti a salutarci da Viadana e abbiamo fatto festa grande”.
L’appuntamento ora è con il Petternella per vedervi all’opera.
“Adesso dal Rugby Casale si è ricostituita una formazione femminile a Villorba e lì faremo l’attività. Selena ha già giocato al Petternella con Treviso, mentre io non ci sono ancora mai stata. Non vedo l’ora di poterlo provare, però. So che è un torneo a sette a tutto campo e, vista anche la mia passione per il touch e gli spazi aperti, voglio assolutamente avere la possibilità di giocarlo”.

Nella foto: Una formazione del Rugby Casale schierata per il saluto dopo un incontro. Selena è la terza da sinistra, mentre Tatiana è la settima con il caschetto verde e blu.

Petternella 2016. Cus Milano Under 16: 'A Rovigo per difendere il titolo'

Il Petternella si avvicina e la macchina organizzativa ha contattato Gabriele Paganini del Cus Milano Rugby, squadra vincitrice della scorsa edizione con la formazione under 16. Ecco la nota ufficiale.

Continuando a ripercorrere la storia recente del Torneo Petternella, siamo andati a trovare Gabriele Paganini del Cus Milano Rugby, vincitore lo scorso anno nella categoria Under 16.
Che ricordi avete della manifestazione?
“Il Torneo Petternella rappresenta l’appuntamento di vertice per il Seven, quello vero, a livello femminile in Italia, sicuramente per l’Under 16, e le ragazze percepiscono benissimo questa sua importanza. Si trovano a giocare in uno stadio importante con un prato “vero” e non come capita troppo spesso in campi spelacchiati o sommersi di fango, e l’impressione che ne ricavano è corroborante per le loro prestazioni”.
Nell’ultima annata è arrivata, infatti, una splendida vittoria.
“Alcune delle ragazze lo avevano già vinto come rappresentanti della selezione lombarda, andare lo scorso anno come Cus Milano e vincerlo nuovamente è stato motivo di grande orgoglio e ha contribuito a mettere tutta la stagione in una prospettiva vincente e soprattutto ha cementato lo spirito del gruppo”.
Quale è stato il vostro punto di forza?
“Riuscire ad inserire, da subito, ad inizio stagione, le nuove leve provenienti dall’Under 14 in un contesto, quello dell’Under 16, già piuttosto affiatato”.
Quali obiettivi ora per l’edizione del ventennale?
“Ovviamente difendere il titolo, poi in realtà, come la scorsa stagione, l’obiettivo vero è misurarsi con realtà diverse dalle solite che affrontiamo in Campionato. Anche se all’inizio della stagione è un punto di riferimento importante”.
Esiste una continuità tra settore giovanile e prima squadra?
“Questa è la prima stagione in cui riusciremo finalmente ad inserire elementi del vivaio nella squadra Seniores, non vediamo l’ora di vederle all’opera con le sorelle maggiori. Entrambi i gruppi ne beneficeranno sicuramente. La scorsa stagione, per tutta una serie di motivi siamo riusciti a sfruttare poco le sinergie possibili, ora è arrivato il momento di approfittare di questa opportunità e di cogliere finalmente i frutti del lavoro delle scorse stagioni”.
Quali aspetti vi sono piaciuti di più del Torneo Petternella?
“Come detto è l’appuntamento di vertice per il Seven in Italia, le opportunità che offre in questo senso sono davvero importanti. L’ambiente è paragonabile solo alle finali di Coppa Italia quando si ritrova tutto il movimento femminile e vedere le ragazze al centro di tutto questo è assolutamente fantastico”.

Petternella 2016, Maria Cristina Tonna: 'Molto più di un torneo…'

Un passato da giocatrice ed un presente da dirigente federale, Maria Cristina Tonna è la numero uno della Federazione Italiana Rugby per quanto riguarda il settore femminile. Con lei abbiamo scambiato quattro chiacchiere per capire come procedono i lavori e la crescita in questo campo.

“Di recente abbiamo avuto alcuni raduni Under 18 e anche a livello regionale le Under 14 si stanno muovendo. Da anni lavoriamo nelle regioni con il rugby a sette, oltre che per quanto riguarda la Coppa Italia e l’Under 16. Naturalmente nell’ultimo periodo è aumentata notevolmente l’esigenza di preparare al meglio anche questa disciplina, visto il crescente interesse mondiale, alla luce soprattutto delle Olimpiadi. Purtroppo può starci la mancata qualificazione ai Giochi di Rio delle nostre ragazze, ma questo dà ulteriore forza e stimolo a nuovi progetti per fortificare e migliorare la nostra esperienza.
Parlavo ad esempio dell’Under 18, che bene ha fatto sinora a livello europeo. In passato forse pagavamo un po’ la fisicità delle altre squadre, ma l’ultima leva è positiva anche da questo punto di vista. Inoltre, stiamo notando che le ragazze cominciano ad avere una buona predisposizione ed una preparazione adatta per il Seven. Da qui possiamo sicuramente costruire il prossimo quadriennio”.
Un futuro, quindi, che passa soprattutto dai dati di crescita dell’intero movimento femminile.
“Si stanno avvicinando al rugby sempre più ragazze, molte anche che avevano già incominciato altre attività sportive ed agonistiche, quindi arrivano sempre più atlete, una cosa assolutamente necessaria per il Seven, dove servono si informazioni specifiche per il rugby, ma soprattutto grande velocità e preparazione. Il nostro obiettivo è quello di continuare ad allargare il bacino, a maggior ragione dove c’è una traccia di attività femminile. Molto spesso manca proprio la consapevolezza dell’esistenza di determinate realtà. Ad esempio, non credo tutti sappiano che gran parte della nostra attività immediatamente successiva al mini rugby si svolge a sette e quindi spesso si va verso un abbandono credendo di non avere numeri sufficienti. Ma non è così e si potrebbero tranquillamente avviare molte più realtà”.
Tra le positività, sotto questo aspetto, sicuramente va citato il Torneo Petternella.
“Ci sono stata molte volte e, se non erro, anche come giocatrice. È un torneo che cresce di anno in anno assieme al movimento e, dove si riesce a fare quantità, spesso si riesce anche a costruire qualità. È un torneo dove si tocca realmente con mano qualcosa di diverso, al di là dell’aspetto meramente tecnico. C’è una forte un’unità di intenti ed è molto solido pure il concetto di solidarietà reciproca. In questo, un ruolo fondamentale è svolto da Gisella che è il vero motore della manifestazione ed accoglie le ragazze con un modo di fare davvero diverso, invitandole a riflettere e a pensare al loro essere donne ed attive all’interno della società. Da questo punto di vista, è una kermesse molto sentita. Le premiazioni spesso, senza retorica, sono un momento toccante, dove si percepisce una vera emozione. Sul lato sportivo, invece, non può che essere considerato il torneo a sette per eccellenza del rugby italiano”.

Petternella 2016, la voce del 'rossoblu' Sean Maloney: 'Per il Seven, Rio è stato solo l'inizio…'

Un campionato vissuto lottando, sull’orlo del baratro, ma senza mai mollare. E’ la stagione 2006/2007. Rovigo, scampato a un fallimento che sembrava imminente, si appresta a vivere quella che sarà una delle stagioni più difficoltose del passato recente rossoblu. Allenatore, Alessandro Zanella. In campo, una squadra costruita nelle ultime settimane di mercato dove spiccano comunque nomi di rilievo come German Bustos (che diventerà l’apertura del Rovigo per i successivi campionati), Pablo Calanchini, Juan Pablo Orlandi e Manuel Contepomi. E poi lui, Sean Maloney, seconda linea australiana classe 1980. Un gigante nel pacchetto di mischia dei bersaglieri che, al tempo, poteva contare anche su un giovanissimo Reato e sul connazionale Charles Wyllie. Lasciato il Polesine dopo una sola stagione, Maloney è tornato a casa, scegliendo di vivere il rugby da un’altra prospettiva. Oggi infatti è la voce ovale di Fox Sports Australia, contattato dal comitato organizzatore del trofeo ‘Mirko Petternella’ a poche settimane dalla competizione rodigina.

Sean Maloney è un nome che ai più potrà risultare nebuloso o sconosciuto, ma si tratta in realtà di un ex giocatore di rugby, transitato anche per il nostro Campionato, da seconda linea nel Rovigo in una delle stagioni forse più particolari nel recente passato rossoblu. Oggi, appesi gli scarpini al chiodo, è diventato uno dei più quotati ed esperti giornalisti down under, tanto da essere nel team di commentatori della palla ovale di Fox Sports Australia. Siamo andati alla riscoperta del suo passato in Polesine e alla scoperta, invece, del rugby australiano di oggi, in particolar modo quello a sette.
“Ho amato tantissimo i momenti passati a Rovigo. Ho davvero dei ricordi indelebili della mia stagione 2006/2007. Fu un’annata difficile, dove lottammo per non retrocedere. Ricordo una partita importante che dovevamo giocare. Segnammo e dovevamo solo ripartire. La palla arrivò a me, la passai a Manuel Contepomi che la calciò in touch. Ricordo ancora quel momento preciso. Così come la pizza in via Savonarola dove vivevamo. Buonissima”.
Il rugby australiano nel Seven sta vivendo un momento straordinario.
“Le Olimpiadi di Rio sono state una fase epica per il rugby australiano. È stato davvero incredibile. Chiunque abbia seguito le ragazze quest’anno, sapeva che avevano una marcia in più rispetto alle avversarie ma questo non vuol dire nulla quando ti stai giocando una medaglia d’oro olimpica. Ci sono stati tantissimi altri atleti australiani dati per favoriti, come ad esempio nel nuoto, che non ce l’hanno fatta. Quello che mi è piaciuto di più del traguardo raggiunto dalle ragazze è stata la loro esecuzione. È stato un capolavoro di testa, abilità e preparazione. Gli uomini, invece, hanno delle buone qualità, ma purtroppo tutti in Australia hanno riconosciuto che il loro cammino è stato davvero duro”.
Chi è stata la giocatrice che più si è fatta valere secondo te?
“Charlotte Caslick è stata nominata migliore atleta del torneo e credo sia giusto. Detto ciò, però, il motivo per cui Charlotte ha avuto questo riconoscimento ed ha avuto così tante opportunità per fare ciò che ha fatto, è grazie alle altre sei ragazze australiane sul campo, che son altrettanto brave e mettono in apprensione allo stesso modo tutte le difese”.
Com’è stata vissuta l’impresa in Australia?
“Grande eccitazione. Abbiamo tutti urlato e gioito per queste ragazze. Sono fantastiche. Io personalmente ho guardato la finale con mia figlia di cinque anni e lei ora vuole giocare come Chloe Dalton e le altre ragazze”.
Da seconda linea, non devi aver avuto grandi possibilità nel Seven, ma quali sono le caratteristiche del gioco e dei giocatori?
“Mi piace il fatto che devi essere più preparato in ogni singolo aspetto del gioco, altrimenti tu e la tua squadra sarete sconfitti. Tutto è amplificato. Sbagli una pulizia in ruck? Turnover. Sbagli un placcaggio? Meta contro. Sbagli un singolo passaggio? Sei costato una meta fatta alla tua squadra”.
Rio sembrerebbe essere stato un grande inizio, ma comunque solo l’inizio.
“Si, Rio è stato il calcio d’inizio per qualcosa di veramente speciale nel mondo del Seven. Ma sono sicuro che già Tokyo sarà una cosa folle”’.

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