Galles innevato. Jonathan Davies aiuta dottori e infermieri a raggiungere l’ospedale

Una tormenta di neve, tanto feroce quanto insolita. Galles bloccato dall’Uragano Emma.

Lui, Jonathan Davies, centro degli Scarlets e della Nazionale dei Dragoni – fermo fino al termine della stagione per un serio infortunio al piede -, guarda fuori dalla finestra e non ci pensa due volte. ‘Non potevo rimanere in casa a fare nulla’.

Così il ragazzo, 29 anni, aiutato dalla sua fidanzata, si mette alla guida del suo fuoristrada. ‘Venerdì l’allenamento con gli Scarlets era stato annullato così abbiamo deciso di aiutare chiunque avesse bisogno di un passaggio’.

Grazie alla App, Next Door – applicazione che aiuta a connettere più persone che vivono nella stessa area e a scambiarsi informazioni in merito a notizie, servizi e aiuti di ogni genere -, Davies ha offerto la sua disponibilità a trasportare con la sua macchina persone in difficoltà nell’accedere ai mezzi pubblici.

Risultato: nel giro di poche ore il centro dei British & Irish Lions ha compiuto 12 viaggi aiutando dottori e infermieri a raggiungere l’Ospedale di Cardiff e poi le rispettive abitazioni. ‘E’ stato praticamente un servizio di taxi – minimizza il giocatore, che ha ricevuto il plauso della comunità locale -. Le strade erano in pessime condizioni, ma prendendoci il tempo e guidando con cautela, abbiamo fatto tutto in sicurezza’.

‘Non è stato semplice – ha concluso Davies, che ha voluto a sua volta applaudire il lavoro compiuto dai suoi concittadini -, ma molte persone hanno lavorato duramente durante la giornata per spalare la neve. Uno sforzo incredibile da parte di tutti’. (foto sito Lions)

‘Ricco di emozioni e di vita, non di denaro’. Così Psalm Wooching ha scelto il rugby (e salutato l’NFL)

‘I legami che crei con i tuoi fratelli rugbisti non hanno paragoni. Dentro e fuori dal campo. Preferisco arricchirmi di bei momenti ed esperienze di vita piuttosto che di denaro’. Psalm Wooching è nato alle Hawaii 24 anni fa. Nelle vene, sangue samoano. Una filosofia di vita legata alle tradizioni della sua isola e tatuata sul corpo, come un mantra: ‘Possano il vento e l’oceano guidare la tua canoa’. ‘La canoa, il vento, l’oceano possono essere paragonate a tante cose – ci spiega Psalm Wooching -, come la famiglia, Dio, gli sforzi e il duro lavoro’.

Di lavoro e sacrifici Psalm ne ha compiuti parecchi. Dalle prime apparizioni con gli Hawaii’s Kona Bulls – club con il quale ha iniziato a giocare a rugby alle Hawaii -, al percorso scolastico vissuto poi negli Stati Uniti alla University of Washington. Negli States Psalm indossa anche elmetto e armatura per la squadra di football della scuola. Non è per lui una novità. Un primo passo infatti era già avvenuto alle Hawaii, alla Kealakeha High School.

Talento e fisicità non mancano. Da linebacker  – e da capitano – il giovane isolano trascina la sua squadra al quarto posto in classifica tra tutti i team universitari dello Stato. Così, il suo telefono comincia a squillare. ‘Ricevevo una trentina di chiamate e messaggi al giorno da tantissimi agenti – racconta -. Mi dicevano: ‘Posso rappresentarti? Ogni team di NFL sta chiedendo di te’.

Per Psalm Wooching si sta aprendo un mondo. Ricco e di successo. In vista del draft NFL – il sistema che permette alle squadre di scegliere i giocatori in uscita dai college -, il suo nome è sul taccuino di molti club.

Ma lui, capisce che il vento e l’oceano stanno spingendo la sua canoa in un’altra direzione. E così, il 16 febbraio dello scorso anno annuncia la decisione di abbandonare il sentiero dorato del football americano per concentrarsi sul suo primo e vero amore, il rugby. ‘Non c’è stato un momento specifico dove ho preso questa decisione. Ho pensato e pregato tanto – racconta Wooching a Rugbymercato.it -. E’ stata una scelta dura all’inizio, considerato che tutto il lavoro fatto mi spingeva verso una carriera in NFL’.

Al suo fianco, la sua compagna di vita, Courtney Gano e tutta la sua famiglia. ‘Erano molto sorpresi all’inizio – ricorda – e volevano che ci ripensassi. Poi però hanno capito vedendo quanto ero felice’.

Nonostante nel suo cuore Psalm Wooching ha sempre saputo di aver preso la decisione giusta, molti attorno a lui hanno tentato di riportarlo sulla via del football. ‘Anche ultimamente è accaduto, ma ho fatto una scelta e continuerò a sostenerla’.

E lo scorso 17 febbraio, a un anno esatto dal suo ‘cambio di vita’, Psalm Wooching ha debuttato ufficialmente con le Eagles nel match di American Rugby Championship contro il Cile. ‘Un momento che non dimenticherò mai. Ho sempre saputo che il rugby è lo sport della mia vita’.

Il prossimo step per il giocatore dei Seattle Saracens, che la scorsa estate ha vestito la maglia degli Harlequins al Beachcomber World Club 10s alle Mauritius, si chiama Europa. ‘Ora voglio continuare questo percorso. Il mio obiettivo principale adesso è quello di giocare in Europa e diventare il miglior giocatore e compagno di squadra possibile, sia dentro che fuori dal campo. Voglio creare un ambiente vincente attorno a me’.

Guidato dal vento e dall’oceano…
(foto sito Harlequins e Seattle Saracens)

 

 

L’incredibile cammino di Joe Launchbury. Da commesso al supermercato ai 50 caps con l’Inghilterra

Nonostante il risultato. Nonostante 67.000 persone in festa che celebravano l’impresa dei propri campioni. Nonostante la Scozia e un Sei Nazioni ora nuovamente da rincorrere. Nonostante tutto, sabato pomeriggio, il volto di Joe sembrava disteso.

Ad alleviare il dispiacere del momento, il pensiero di come tutto gli stava sfuggendo di mano. E di come tutto, in un attimo, è cambiato.

Lui, Joe Launchbury, contro la Scozia ha giocato il suo 50° cap con la Nazionale inglese. Per 50 volte la seconda linea dei Wasps, 26 anni, ha cantato God Save The Queen, inno a una carriera alla quale il destino sembrava aver voltato le spalle.

Tutto inizia a 15 anni quando, il ragazzo di Exeter, si unisce all’Academy degli Harlequnins. Impegno, qualità, armatura, non mancano al gigante del Devon. A mancare però è l’ultimo step, prima del salto tra i pro. La società inglese lo rilascia infatti prima del previsto.

Lui, a 18 anni, pensa che il treno sia ormai perduto e così scende in National League 2. Gioca con il Worthing Rugby Football Club e per guadagnarsi da vivere lavora come commesso in un supermercato locale.

Gli obiettivi si allontanano. I sogni iniziano a svanire. La passione però rimane. Joe continua a lavorare e giocare. Nel 2009, al termine di un match con Worthing, il suo coach, Will Green – 164 presenze con i Wasps -, si mette in contatto con il club giallo nero. ‘Signori, qui alleno un campione’, il tono della conversazione avuta tra l’allenatore e i suoi ex dirigenti.

Launchbury così si unisce al team A dei Wasps che gioca appunto la Premiership Rugby A League. Nel luglio 2010 ecco il contratto con i giallo neri. La seconda linea termina quindi il percorso nell’Academy dei Wasps (2010-2011) e poi viene prestato al Rosslyn Park (National League 1) per fare esperienza.

Il debutto con la prima squadra dei Wasps avverrà il 30 gennaio 2011 nell’Anglo-Welsh Cup. E per uno scherzo del destino, proprio contro quegli Harlequins che non avevano creduto in lui fino in fondo. Durante il match – che i Wasps perderanno 38-13 – Launchbury segnerà anche una meta. Da quel pomeriggio, seguiranno Sei Nazioni, Nazionale e una fascia di capitano che i Wasps hanno quest’anno stretto al suo braccio.

E come sabato scorso, al termine di quel match di gennaio giocato 7 anni fa, nonostante la sconfitta, ripensando a come tutto sembrava esser svanito, nel suo volto sarà comparsa comunque un’espressione distesa.

(foto sito Wasps)

Nuova frontiera per i Bisonti: inizia l’attività anche a Rebibbia

I Bisonti Rugby hanno iniziato l’attività sportiva anche nel carcere di Rebibbia di Roma. Pubblichiamo la nota ufficiale del club che spiega l’inizio dei lavori coordinati da coach Stefano Scarsella.

‘Un sole caldo, primaverile, accoglie alle 10 del mattino Germana De Angelis e alcuni suoi volontari all’ingresso della casa circondariale di Rebibbia.

Oggi questo inaspettato e caldo sole primaverile inaugura il progetto carceri F.I.R. “Ovale oltre le sbarre” attuato dai Bisonti Rugby, segno evidente che l’attività già in essere dal 2013 presso il carcere di massima sicurezza di Frosinone, sta dando i frutti sperati.

Sabato 10 febbraio 2018, Carcere di Rebibbia, si gioca a Rugby: il campo è un misto di terra e brecciolino ma, si sa, a chi ha l’obiettivo di portare l’ovale oltre la meta non interessa la condizione del campo, né quella climatica, c’è uno spazio? Si gioca a Rugby!

Il coach, Stefano Scarsella, ha iniziato gli allenamenti solo due mesi fa, un giorno a settimana per due ore, quindi, per cominciare, si è organizzato un torneo di touch-rugby: volontari e detenuti mischiati a formare 4 squadre, 4 diversi colori per un quadrangolare.

Due ore di libertà, quando la libertà di spontaneità varca la soglia del mondo dello spirito.

Le voci e i rumori degli impatti squarciano un silenzio che grida, grida forte, la voglia immensa di riscatto.

Ora anche a Rebibbia, i detenuti possono acquisire le nozioni date dai valori fondamentali del Rugby: il lavoro di gruppo, la cooperazione e il sostegno reciproco.

“Aiutare gli altri per aiutare sé stessi”, fondamentale per il lavoro di squadra, il riscatto individuale e il successo collettivo!

Ora, anche a Rebibbia, i Bisonti sono LIBERI!’.

Il rugby è…Feltre-Belluno in salsa samoana

Feltre-Belluno, un derby veneto al sapore antico. Il nuovo appuntamento con la rubrica Il rugby è ci regala uno scatto pubblicato dal Rugby Feltre impegnato nella sentita sfida con il Belluno.

‘Lo scatto, di qualche anno fa, vede Adis Zatta e Simone Canton che cercano di togliere il pallone ad Alessio Dal Pont, mentre Alberto Gobbi e Nic Fitisemanu osservano l’azione pronti a intervenire’, il ricordo della società veneta che – tra l’altro -, per prima diede il benvenuto in Italia al numero otto samoano. Fitisemanu infatti venne poi ingaggiato dal Pertrarca nel 2003, prima del passaggio in Galles, a Newport.

La sfida risale alla fine degli anni ’90. Il sapore del derby, a distanza di quasi vent’anni, non è tuttavia cambiato.

Padova, Roma, addii e ritorni. Maurizio Montalto si racconta. ‘La mia vita con le Fiamme nel cuore’

Nel 1956 c’erano solo Drop e Meta. Abbaiavano e scodinzolavano ai piedi del loro padrone. Non c’erano campioni d’Italia. Non ancora. Nessun Nazionale. Nessuna maglia. Ma solo la passione che Gaetano aveva deciso di trasformare da idea in progetto. Da sogno a realtà. Lui, Gaetano Genco (foto Polizianellastoria.it), Comandante della Polizia di Stato sopravvissuto a un campo di concentramento keniano tra il 1941 e il 1946 aveva due grandi amori. Il rugby e suoi cani. Tanto profondo il primo da avvolgere anche il secondo. E i nomi dei due piccoli compagni di vita. Fu proprio lui a cominciare a scrivere il primo capitolo delle Fiamme Oro Rugby. Una storia iniziata a Padova e che ora continua a Roma. Un’avventura che avrebbe narrato di battaglie, tricolori, vittorie e – certo – anche sconfitte. Una trama dove hanno conosciuto risalto anche le gesta dell’ex presidente Maurizio Montalto, storico protagonista delle Fiamme dei due mondi.
Generale, segue il cammino delle Fiamme Oro anche dagli Stati Uniti, dove vive?
‘Certo, con molto interesse. Sono sempre un grande tifoso dei cremisi’.
Un giudizio dunque sulle Fiamme attuali.
‘La società è ben solida e c’è un buon seguito di pubblico. Inoltre, accanto all’attività sportiva c’è una grande attività benefica e dedicata ai più giovani che fa grande onore ai colori cremisi e alla Polizia di Stato. Da tifoso provo una grande gioia nel vedere le Fiamme Oro tornate protagoniste nella massima serie’.
Le Fiamme odierne sprigionano lo steso calore delle sue Fiamme?
‘Ai miei tempi il poliziotto era la figura impiegata nelle piazze per problemi di ordine pubblico. Oggi è diverso. La Polizia ha un risalto differente nella vita quotidiana delle persone e l’aspetto sportivo è importantissimo, a livello umano e di integrazione nella vita civile del Paese’.
A cosa è dovuto questo cambiamento?
‘Un’importante opera diplomatica affrontata negli anni dal dottor Forgione. Alti funzionari della Polizia sono intervenuti nel tempo grazie al lavoro del presidente’.
Tre anni fa è nata una discussione tra lei e il presidente Forgione con Presutti come oggetto del contendere.
‘Sì era nato uno scambio di vedute in merito al coach. Ma tutto per il bene che entrambi vogliamo alla società e alla maglia’.
Quali le differenze maggiori tra le ‘sue’ Fiamme Oro e quelle attuali?
‘Oggi vengono reclutati giocatori che hanno già una specifica preparazione rugbistica e un background ovale. Ai miei tempi si ‘prendevano’ giocatori anche da altre discipline, come il lancio del peso, l’atletica, il canottaggio. In più c’è una differenza sostanziale…’.
Sarebbe?
‘Il servizio di leva era obbligatorio. E molti ragazzi sceglievano le Fiamme Oro, così da poter continuare l’attività sportiva e ricevere un guadagno in qualità di Guardie di Pubblica Sicurezza. Uno dei più famosi è stato Alfio Angioli (8 caps con l’Italia), marinaio che praticava canottaggio e diventato poi un punto di forza delle Fiamme insieme a Lello Levorato’.
Da protagoniste nel mondo del rugby nazionale all’addio. Gli anni ’80 sono coincisi con la fine delle prime Fiamme Oro.
‘In seguito a una decisione presa dall’allora Ministro dell’Interno le Fiamme giocarono l’ultima partita a Reggio Calabria e poi cessarono l’attività. 22-0 per noi…’.
Quanto riprese il tutto?
‘Qualche anno dopo, grazie a un’iniziativa del Comandante del Reparto Mobile di Milano, Pichetti. Le Fiamme si iscrissero al campionato di Serie C, vinto dopo due stagioni’.
E così riprese la storia.
‘Non senza difficoltà. In Serie B, la squadra venne trasferita al Reparto Mobile di Roma. Non era un team popolare e il campionato non stava andando poi così bene…’.
E da qui lei rientra in scena…
‘Mi richiamò Pichetti. Era la fine degli anni ’80. Per me le Fiamme Oro erano quelle di Padova, ma al cuor non si comanda e andai a Roma. Ci salvammo e pian piano iniziammo nuovamente la risalita, fino alla Serie A’.
Generale, quale tassello manca alle Fiamme per competere nuovamente per il tricolore?
‘Penso alla longevità dello staff tecnico. Negli ultimi quattro anni sono cambiati tre allenatori’.
A impreziosire lo staff ora c’è anche Massimo Mascioletti.
‘Persona squisita e grande uomo di rugby. E’ ciò che mancava, un grande valore aggiunto, anche sotto l’aspetto psicologico. Nel tempo il lavoro di Massimo darà i suoi frutti e il merito di averlo tra noi è senza dubbio del dottor Forgione’.
Oggi, complici anche le poche sicurezze che offre il rugby moderno, i giocatori vedono l’opzione Fiamme anche come occasione di stabilizzarsi, sia dal punto di vista economico che lavorativo. Cosa ne pensa?

‘Credo che ci sia chi ragiona con il cervello, chi col cuore. E chi con nessuna delle due cose. Nel tempo è nata un’associazione di ex giocatori delle Fiamme Oro con il motto ‘Figli di nessuno. Figli solo del Generale’. Il salto di qualità è avvenuto negli anni grazie al fatto di sentirsi parte di qualcosa, un qualcosa di unico. Non certo grazie a uno stipendio’.
E’ ancora in contatto con i ‘suoi’ uomini?
‘Certo! Ancora oggi ricevo messaggi da moltissimi dei miei ragazzi.  In occasione di un raduno li ho guardati negli occhi dicendogli: ‘Vi devo ringraziare, perché voi mi avete insegnato il rugby’. Ricordiamoci che il nostro sport è un modo di vivere. E’ una filosofia di vita. Sostegno, aiuto per chi è in difficoltà. Chi lo capisce e lo mette in pratica fa una grande cosa. Chi pensa che il rugby sia solo uno sport non ha capito nulla’.
Maurizio, un sogno che ancora culla per la maglia cremisi?
‘Mi piacerebbe tanto vedere nuovamente il tricolore sul petto’.

(foto sito Fiamme Oro Rugby)

 

Marzio Zanato, Ironman dal cuore d’oro. Che ora correrà per Sandro…

Marzio Zanato è un ironman. Pedala, corre, nuota. E ha a cuore gli amici. Come Sandro, compagno in difficoltà che Marzio sosterrà nella sua prossima impresa sportiva. ‘Corri per Sandro’ è l’iniziativa lanciata dall’ex coach di Rovigo e L’Aquila, che lui stesso spiega con una lettera piena di ricordi e passione.

‘Ciao Sandro, solitamente non mi mancano le argomentazioni e la mia capacità di portare nero su bianco quanto mi passa per la testa è abbastanza fluida ma in questo caso trovo delle difficoltà nel gestire le emozioni mentre scrivo.

Visto che siamo due ometti di mezza età, che hanno condiviso spogliatoi, campi di rugby, baraccate, bevute e altre cose che è meglio tacere ma sono indelebili nei ricordi, direi di iniziare proprio ricordando i tempi che furono come due rincoglioniti di fronte ad una birra.

Tre ricordi sono perfettamente nitidi e raccontano la nostra amicizia e il nostro stare insieme, spalla a spalla per diversi anni. Il primo è legato al campo, alle partite e baruffe “chioggiotte” che abbiamo affrontato insieme e in particolare ad un incontro in quel di Silea dove io, smilzo tre quarti, avevo pensato bene di prendermela con una robusta terza linea la quale mi teneva a debita distanza di destro e sinistro che sferravo all’aria giusto perché aveva delle braccia sproporzionate per lunghezza rispetto al corpo. Hai letto la mia difficoltà e con deformazione professionale sei arrivato e gli hai sferrato in testa un pugno a mani chiuse come se avessi un manganello e ti fossi ritrovato nel mezzo di una carica di piazza. Il gaglioffo avversario lasciò la presa e riuscii nuovamente a respirare visto che stava ormai stritolando il mio sottile collo. Al termine della partita sei venuto a recuperarmi nello sgabuzzino dove io pensavo vi fosse la doccia da quanto mi aveva suonato.

Abbiamo avuto anche il piacere di allenare insieme uno stuolo di ragazzini oggi uomini e padri che non ci hanno dimenticato per quanto sovente il nostro non fosse un metodo propriamente detto Montessori. Una Domenica al Tre Pini in attesa di un Aquilotti Petrarca vs. Aquilotti Monti rugby Rovigo arrivo alla convocazione con la nuova morosa, tu mi guardi, guardi lei ed esordisci a freddo : la rossa te sposa !!! Bene, le tue doti di sciamano di li a non tantissimo si palesarono ed oggi la rossa Cinzia e io siamo ancora insieme e ogni tanto pensando a qualche Domenica passata insieme a Jesolo ci rammentiamo della tua profezia.

I ricordi poi mi portano ad una estate al mare dove in verità chi ne usci con danni peggiori fu Alessandro Paulon che incrociò la Monica mentre tu hai vissuto la sfrontatezza di una nottata con la bionda che quando si alzò dal tavolo del ristorante dove le avevamo tampinate ci fece incrociare gli sguardi e il pensiero fu unanime …. “xe na nana” !!!! …per la cronaca io finii con l’andare in bianco e fare l’autista.

Sono passati gli anni ma un contatto, anche se non veramente di presenza fisica, è sempre rimasto, così come siamo sempre, bene o male, rimasti aggiornati e sintonizzati sugli accadimenti delle nostre vite. Sai bene quale periodo buio ho trascorso a causa della malattia e sicuramente hai osservato come l’ho affrontata e quale forma di resilienza ha generato in me essere riuscito, soprattutto con fortuna, a battere il drago. Ora ti sto scrivendo con il nodo alla gola e con un senso un poco di colpa, di chi si sente più fortunato di un amico in difficoltà. Stai combattendo sicuramente un Drago ben più malefico di quello che ho affrontato io ma credimi, riesco benissimo ad essere in empatia e comprendere cosa, quali e quanti pensieri sono nella tua testa. Non è quel “nemico” leale, che abbiamo conosciuto ed affrontato in campo, è subdolo, terrificante e ti isola. Fa fuggire sovente molte persone che quando tutto va bene si palesano sempre comi i migliori amici della Terra ma ti fa anche scoprire, chi magari se ne è stato sempre nel silenzio, è in grado con una semplice parola di farti sentire affetto, stima e calore umano. Non ho capito perché il destino ci sottoponga certe prove, non ho cercato o provato a cercare risposte nella fede e probabilmente la malattia e vivere certi ambienti di sofferenza e dolore mi hanno allontanato dalla fede delle dottrine religiose. Penso che tali prove possano rappresentare delle opportunità e un momento di stallo assoluto dove tirare una linea di bilancio sulla qualità delle relazioni che siamo stati in grado di sviluppare. Le relazioni e il ricordo che lasciamo a quanti diamo la possibilità di conoscerci attraverso la forza delle azioni e degli esempi, sono il nostro vero lascito ed è nei momenti di difficoltà che possiamo capire se il bilancio personale segna un più o un meno.

Mi sono come sai affogato nello sport, uno sport duro, di sacrificio che non ammette mezze vie o scorciatoie, come il rugby d’altro canto. Uno sport dove è la mente che trascina il fisico ben oltre i limiti, che ti proietta in un universo parallelo dove poter compiere dei viaggi di trascendenza nei quali al corpo è imposto quanto deve fare per conquistare la FINISH LINE e la mente è libera, proiettata oltre la siepe della paura dove possiamo trovare quanto desideriamo. Al di la del titolo, IRONMAN, sto dando molto ma ricevo qualcosa di inestimabile senza prezzo. Ho deciso in un nuovo momento di difficoltà nella mia vita, di cercare di mettere a disposizione tanto sacrificio fisico, perseveranza ed energia mentale a favore dei meno fortunati. Cercherò di legare ad ogni gara, ma come ti ho scritto per me è un viaggio, un evento che possa richiamare attenzione e magari essere tangibile sostegno soprattutto per i bimbi malati e in difficoltà. Il prossimo IRONMAN 70.3 al quale parteciperò a Sydney il 26 novembre sarà legato alla associazione Pet Project che promuove e supporta la Pet Therapy nei reparti di pediatria.

Ieri è arrivata la telefonata che convocava alla nostra adunanza culinaria per la prossima settimana e non so come o perché mi sono tornate in mente poche parole che mi disse Lelio Lazzarini durante i cicli di terapie : Marzio, ricorda che io ho giocato estremo e che il n. 15 è sempre in sostegno. Così ti ho chiamato e lanciata l’idea di “Corri per Sandro” !!! La sto rielaborando e trovo sia meglio comunicarla prima di tutto agli amici come “nuota, pedala e corri per Lillo”. Io ci metterò gambe, polmoni, cuore e testa. Come poter in qualche modo farlo diventare uno strumento utile per te lo scopriremo strada facendo, certo è che metaforicamente voglio cercare, da smilzo tre quarti di dare un pugno al drago per un fratello seconda linea in battaglia, così come fece quel più giovane n. 4 capace di fare mollare la ferrea presa del nerboruto n. 7 del Silea Rugby al collo di un più giovane n. 15.

Siamo stati negli anni di gioventù un vero T.E.A.M. …. TOGHETER – EVERYONE – ACHIEVE – MORE e oggi, tutti più maturi e consapevoli, saremo in grado di farci trovare presenti e in sostegno.

A Giovedì prossimo !!!

Marzio’.

Straordinaria Ruggers Tarvisium: al lavoro per ripulire la spiaggia di Ca’ Roman

Una bellissima lezione di civiltà e rispetto della natura è raccontata dalla Ruggers Tarvisium che lo scorso fine settimana ha offerto il proprio contributo per ripulire Cà Roman, una lingua di terreno nelle vicinanze di Chioggia ricoperta da diversi rifiuti ingombranti ‘regalati’ dal mare.

Riproponiamo di seguito la nota ufficiale diramata della società per raccontare l’opera dei rugbisti della Tarvisium.

‘Sabato 16 settembre i Ruggers della prima squadra si sono ritrovati al campo di prima mattina, con sacchi a pelo e tenda, pronti per trascorrere la notte a Cà Roman, una selvaggia lingua di terra immersa nella laguna, appena al di là della bocca di porto di Chioggia dove sorge l’oasi naturale della LIPU.
Affrontato il viaggio in auto di un’oretta circa, i ragazzi hanno iniziato l’avventura lagunare, caricando tutto l’occorrente sulla barca che li attendeva per portarli a destinazione.
Approdati alla bellissima Cà Roman, dopo un piccolo briefing, la squadra con calma si è accampata, montando le tende per passare la nottata, presso il Villaggio Marino, luogo dove i ragazzi sono stati ospitati per il vettovagliamento.
Dopo il pranzo, sono andati a visitare l’isola, accompagnati da Luca “l’ornitologo” e Massimo “lo storico”, esperti del luogo, che hanno regalato loro una descrizione minuziosa di ciò che li circondava e della sua storia: a partire dal forte risalente all’epoca della Serenissima, ai bunker mai utilizzati del secondo conflitto mondiale. E’ stato poi spiegato l’enorme sforzo della LIPU e dei suoi volontari atto a mantenere intatto l’ecosistema dell’isola.
Ed è qui che entrano in campo i nostri Ruggers….sono infatti stati “ingaggiati” per pulire la spiaggia dai rifiuti ingombranti che il mare fa arenare tra la sabbia. Luca, appena sbarcati, aveva dato una pessima notizia ai due nostri allenatori…….la spiaggia poco prima era stata ripulita da parte delle boe……diversamente da quanto visto durante il loro “sopralluogo” tecnico…..I due comunque, che non mancano di idee, hanno studiato un nuovo piano per poter far faticare i loro Ruggers….
Divisi in 4 plotoni, con poche e semplici regole, è iniziata la battaglia, dove i ragazzi hanno dimostrato grande impegno, andando a scovare come veri segugi, boe e vari pezzi di plastica anche negli angoli più remoti dell’isola. Ad ogni rifiuto raccolto veniva dato un punteggio, la squadra vincitrice doveva ovviamente raggiungere la somma più alta data dal trasporto di più rifiuti.
La classifica finale ha onorato tutti, visto che i punteggi erano tutti vicini, ma come sempre c’è un vincitore….e i perdenti, per sua volontà, sono finiti a fare il bagno nell’Adriatico!!!
Nel dopo doccia, il cuore romantico dei ragazzi si è scatenato di fronte al tramonto che la laguna ha offerto loro……..ma finito l’effetto scenico……….è cominciata la serata tra birra porchetta ……………………………………
Nulla naturalmente è dato sapere…..solo che si sono ritrovati tutti vivi la domenica mattina.
Dopo un’ abbondante colazione, pronti e cambiati, sono partiti per una bella corsa sulla diga che collega l’isola di Cà Roman a Pellestrina, una delle ultime opere costruite dalla Serenissima, circa 3 km in tutto per poi finire in spiaggia per un piccolo allenamento di touch.
Smontato l’accampamento, dopo aver pranzato, i Ruggers si sono nuovamente imbarcati per far ritorno alla loro base….
E’ finito così un week end molto positivo, in cui i ragazzi hanno avuto la possibilità di conoscersi meglio e condividere quest’esperienza di beneficienza verso quest’angolo naturale che lotta quotidianamente contro l’ignoranza, e di dimostrare un buono spirito che sicuramente rivedremo in campo!!!
Ringraziamo infine la cooperativa Controvento per aver offerto birra e porchetta a tutti e il nostro amico Luca Manprin per aver dato via a questa unica esperienza’.

Il rugby è…Gianpaolo Fabbi e il Rugby Mantova: ‘La palla ovale alla base della mia vita’

Il rugby è ci porta oggi a Mantova con un’istantanea regalata dalla società biancorossa che vede in primo piano Gianpaolo Fabbi, ex giocatore e vicepresidente del club.

Sono stato tra i primi giocatori della squadra – racconta al sito web del Rugby Mantova -, iniziai nel 1976, spinto da mio fratello Roberto (all’epoca giocatore) e mio padre Raul (dirigente) che furono tra i primissimi volti della società, e vi rimasi fino al 1992. Mi innamorai subito di questo sport e dei valori che porta con sé. Nel corso di quegli anni ho cambiato 3-4 ruoli, ho giocato come estremo e come terza linea in mischia anche per via del cambiamento del mio fisico. Poi sono sempre rimasto a fianco della società come consigliere e dirigente, fino all’ultima esperienza da vicepresidente dal 2013 al 2016. Il rugby mi ha insegnato davvero molto, tanto che molti dei principi su cui si fonda hanno poi definito la mia vita’.

Il rugby è…Quando Sonny Bill visse il gelo di Rovigo. E Wilkinson spinse il pullman…

Dicembre 2009. Stadio Mario Battaglini di Rovigo. Week end di Challenge Cup. Il calendario vede la sfida tra i rossoblu di Umberto Casellato e il Tolone di Saint-Andrè, al principio di una cavalcata già iniziata verso l’elite del rugby europeo. In formazione, Contepomi, Lozada, Sonny Bill Williams. Jonny Wilkinson in panchina.

La cornice è da brividi. Veri. Le nevicate dei giorni precedenti avevano rischiato di far saltare il match. Così, la consueta rifinitura viene cancellata a favore di un faticoso allenamento con il badile. Tutti in campo, giocatori, staff tecnico, dirigenti e tifosi a spalare la neve per rendere praticabile il terreno rodigino. Missione compiuta. Match posticipato di un giorno e nuovo appuntamento allo stadio.

Il tabellino dell’ERC racconterà di un migliaio di spettatori. Molti meno, nella realtà. Complice – soprattutto – la gelata atmosfera. Dopo il vantaggio rossoblu – meta d’intercetto di Andrea Pratichetti -, Tolone manterrà le redini della sfida, vincendo 30-7. Sonny Bill giocherà tutta la partita (nella foto, intento a placcare Schalk Van Der Merwe). Wilkinson neanche un minuto. I cinque di notorietà però, li guadagnerà comunque. Al termine del pomeriggio, i tifosi infreddoliti già verso la via di casa, si unirà ai compagni di squadra nella spinta collettiva al pullman del Tolone, entrato ai piedi del terreno di gioco e letteralmente impantanatosi a pochi metri dall’uscita.

Alla fine, saranno un applauso e tanti sorrisi a scaldare il ricordo di un glaciale week end ovale.

(foto Giampaolo Donzelli)

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi