Draft, barrages e la difesa di una Lega

Il campionato di Top 12 è alle porte, con un cambio di nome, un allargamento a dodici squadre, ma senza altre modifiche sostanziali.
La federazione, che gestisce il campionato da dieci anni, dopo l’harakiri della LIRE, sembra ancora ferma al bivio della decisione su cosa deve essere il campionato italiano; campionato di servizio per le franchigie o campionato da valorizzare e promuovere?
Non lo ha capito la federazione e nemmeno i club, che hanno evidenti visioni diverse, opinioni contrastanti che fanno da zavorra alla ricostituzione della nuova lega, ora ferma a livello di coordinamento tra clubs.
Credo che questo sia uno dei punti principali del perchè l’evoluzione del movimento vada a sprazzi e non in modo lineare, la mancanza di una direzione, di uno scopo comune.
Ai club di Top12 si chiede, di fatto, di completare la formazione post accademia dei giocatori, ma la distribuzione degli stessi non è regolamentata, tranne che per il regime FIR per i giocatori di interesse nazionale.
Allo stesso modo, da anni si parla di impiego e redistribuzione dei giocatori di Pro14, non utilizzati da Zebre e Treviso, nel massimo campionato italiano, come succede in Irlanda  e Galles regolarmente, ma l’incertezza federale e le questioni di campanile non hanno prodotto nessun tipo di risultato nemmeno per questa stagione (due per club, uno? zero).
Forse una cosa potrebbe non escludere l’altra, e cioè si potrebbero trovare misure che seguano la filiera accademia-club-franchigia, ma che allo stesso tempo valorizzino quella che una volta era semplicemente la serie A.
Aumentare il divario tra le prime e le ultime non aiuta a far crescere un campionato, e non è neanche una questione di soldi, contributi federali.
Il paradosso del draft NBA  fa sì che le squadre più deboli possano scegliere al primo giro i giocatori migliori, quindi non è il potere economico o di blasone a condizionare il mercato, ma una regola certa che consente agli attori più deboli di meglio attrezzarsi per stare sul palcoscenico più visto del paese.
A chi giova vedere differenze di 40/50 punti tra una squadra e un’altra? Non sarebbe meglio avere partite incerte, equilibrate, che portano interesse e non noia, scontatezza, soprattutto in uno sport in cui la porta è larga quanto la larghezza del campo…
L’NBA è una lega chiusa certo, il nostro campionato è aperto con 2 retrocessioni e due promozioni dalla serie A. Giuste? Troppe?
Il punto è capire quale sia il divario tra le prime due divisioni del campionato e quanti progetti concreti di investimento ci siano in giro per l’Italia.
Consci che culturalmente l’Italia è una cosa e gli USA un’altra, la classica via di mezzo avrebbe potuto essere il barrage tra penultima di Top 12 e seconda di serie A, come succede in Top14.
Una società per investire deve avere continuità e lo spettro della retrocessione spesso fa andare col freno a mano tirato.
Misurare la differenza tra i due campionati con un barrage è una forma di protezione di una lega (intesa all’americana) e, a mio parere, farebbe anche in modo di evitare promozioni casuali.

Discorsi da bar, ovvio, ma la programmazione non si fa al bancone con birra e patatine, la si fa o non la si fa.
E programmazione fa rima con organizzazione e volontà (anche se non fa rima…).

Rebecca e l’amore

Ci eravamo chiesti se aggiungere o meno anche noi qiualcosa alle tante parole che stampa, specializzata e non, sta spendendo in questi giorni su questa assurda tragedia, e avevamo deciso di non aggiungere altro a quanto si stava dicendo, perchè non c’era molto da dire.
E’ successo un evento imponderabile, rarissimo, ma purtroppo possibile e questa ragazza, che non conoscevamo, che pochi conoscevano, ha perso la vita in modo tragicamente banale, come chi scivola in bagno e batte la testa. E’ successo così.
Poi, istintivamente, abbiamo pensato che era giusto onorare la memoria dell’amore che aveva questa ragazza, e la sua famiglia.
L’amore per la vita, nella freschezza dei 18 anni, l’amore per uno sport bellissimo, il rugby, che ti fa abbracciare, che ti fa vincere sempre, se hai dato tutto su quel prato verde.
Non dobbiamo spegnere questo amore, pur con questa tristezza nel cuore.
Pensiamo alle ragazze che giocavano con Rebecca, alle loro famiglie che ora, fatalmente, si chiederanno quanto stanno rischiando nel passarsi quella palla ovale la domenica.
Pensiamo alla ragazza che ha fatto quel placcaggio che era, e resta, un’azione di gioco, nulla di più, e che non deve e non può sentirsi nessuna responsabilità per le conseguenze di un atto di felicità qual è quello di un gesto tecnico riuscito. La fatalità ha fatto il resto.
Crediamo che la risposta sia nelle parole che il papà di Rebecca, a nome della sua famiglia, ha speso, immaginiamo con quanta fatica, in giornate in cui il dolore picchia così forte da ucciderti.
Bisogna amare, amare la vita, amare quello che si fa, amare amare amare.
Rebecca ha concluso la sua vita terrena, ma il suo sorriso rimarrà, la sua gioia dovrà continuare nei gesti e nelle parole di tutti noi.
Perchè la vita è il nostro dono, e noi possiamo e dobbiamo viverla, con desiderio ed allegria, anche per lei.

La Redazione di RugbyMercato

Hammer’s field: il progetto che non c’è

Reduce da un sabato di sberle ovali e prima di tuffarmi nella sfida di domenica tra Azzurri e Bianchi di calcio storico, butto giù due riflessioni sul pessimo momento storico del rugby nazionale.

Tralascio la brutta, bruttissima sconfitta dell’Italia contro la Scozia, che certifica come ormai nella Nazionale, salvo pochi giocatori di livello internazionale (meno di 5), il resto sia espressione di un movimento involuto, lanciato alla deriva da una pianificazione incapace di riconoscere i propri errori e le proprie responsabilità.

Tralascio il Seven, senza un campionato (una delle cose da fare subito), con l’idea di un’accademia che parte zoppa e in ritardo, con l’illusione di creare risultati da tornei minori, ma che poi si schiantano al confronto contro le nazionali “olimpiche”.

Ma la tristezza mi ha colpito con gli Emergenti. 15 giocatori che cercavano da soli di risolvere una partita più che abbordabile, alcuni di questi con l’idea di farsi una vacanza e non un torneo internazionale, altri che disonorano la maglia azzurra con personalismi isterici che fanno male al collettivo.

Cosa dovrebbe essere la nazionale Emergenti? I migliori giocatori da una certa annata in poi? Ma perché castrarsi così? Perché non giocano i migliori sempre? Perché  non tornare a una Nazionale A, che sia di reale supporto al blocco della maggiore?

Dove sono alcuni dei migliori dell’Eccellenza di quest’anno? Perché buttare via un’intera (buona) generazione, quella del 92/93.

Domande, domande, domande. In attesa delle risposte il ranking peggiora, e la bussola è impazzita.

Il Martello 

(foto sito Federazione Italiana Rugby)

Hammer’s field: l’uomo in più. Quando il rispetto internazionale dobbiamo pretenderlo.

15 giocatori per parte e in mezzo l’uomo in più, il direttore di gara, un attore la cui importanza è perlomeno pari a quella di chi il pallone lo gioca. Ho sempre pensato che un arbitro di rugby possa, con le proprie decisioni, condizionare una partita molto più di un arbitro di calcio. Con le piccole decisioni, non con le grandi. Lancio storto in touche, fuorigioco, tenuto, muro, velo, placcaggio alto, ecc, ecc.

Da qui forse il rispetto assoluto di cui deve godere il fischietto del match, perlomeno sul terreno di gioco.
Ci devi credere nella buona fede e nell’indipendenza dell’arbitro, altrimenti sono polemiche continue.
Ecco, il punto è questo. Ormai nei commenti televisivi e ancor di più sulle tribune dei campi di gioco, si parla in larga parte di quello che l’arbitro decide e non decide, e sempre meno degli aspetti tecnici.
Vorrei sentire parlare di rugby, non di arbitri.
Detto questo, parlo di arbitri…Coerente, eh?
Pur non capendo certi arbitraggi, e la non linearità di giudizio nel corso di una partita, dico che arbitrare è difficile.
Ma una cosa non la sopporto più a livello Internazionale.
Non è ora di finirla con l’idea che l’Italia e le squadre italiane devono aumentare la propria reputazione prima di avere assoluta parità di giudizio? Ma cosa significa?!? Il rugby è l’unico sport in cui viene implicitamente ammesso ciò, ed è un concetto da rifiutare con forza.
Ulster – Treviso di venerdì sera è emblematica. La bilancia di giudizio con l’occhio severo verso gli italiani e accondiscendente verso i paladini di Belfast. E le partite perse per nebbia? I campi ghiacciati giudicati dall’avversario di turno?
Un movimento forte deve essere forte in ogni sua componente, a partire dai dirigenti.
E bisogna stare compatti, che al di là delle retoriche rugbistiche, nessuno ci darà una mano tranne noi stessi.
Il rispetto non si chiede, si prende [Zlatan Ibrahimovic]
Il Martello

Hammer’s Field: il dilemma dei 3 punti

È meglio prendere tre punti rischiando poco, permettendo alla tua squadra di riprendere le forze, o puntare al bersaglio grosso della meta (magari trasformata) rischiando però di gettare tutto alle ortiche?
Detta così, la scelta sembrerebbe naturale, logica. Eppure….
Eppure non è così, e la scelta non è mai scontata. Si passa dai fondamentalisti dei 3 punti agli avanguardisti della ricerca della meta, sempre e comunque.
Per non parlare poi del senno di poi, di quelli che “eh, se avessero piazzato avrebbero vinto!”, o delle infinite discussioni “ma chi l’ha deciso?! L’ho sentito io urlare dalla tribuna!”.
Casistica? Ampissima. Una su tutte, Italia-Tonga dei test match autunnali, con gli azzurri criticati per aver cercato di dimostrare una superiorità poi svanita nel secondo tempo. Ma si potrebbe citare anche il pareggio/non vittoria di Rovigo-San Dona’ nell’attuale campionato di Eccellenza, tutt’ora dibattuto nei bar attorno a Piazza Vittorio Emanuele.
Proviamo a darci una regola: davanti ai pali si piazza, sempre. Oddio, mica sempre…
Al largo si va in touche. Ma il tallonatore ha tirato una pizza all’ultima rimessa…
Come si può capire, un risposta non c’è, e ci saranno altri infiniti casi in cui una vittoria sfumerà per quella che sarà definita presunzione, oppure arriverà grazie a un osannato atto di coraggio (alzi la mano chi non è saltato in piedi per il Giappone ai mondiali).
Anche questo è rugby.

Marco Martello 

Gli Eroi Normali

Due ragazzi tornano a casa, di notte, lungo una strada veloce, troppo trafficata, troppo poco illuminata. Forse parlano o forse proseguono in silenzio (è tardi) e d’un tratto accade l’imponderabile.

Umberto Orsenigo riesce a reagire, come pochi potrebbero, allo shock dell’amico che vola via, falciato da un’auto nel buio.
Riesce a fare un massaggio cardiaco a Mihai, l’amico colpito, permettendogli di continuare a combattere per la propria vita.
Ecco, oggi oltre alle preghiere per la vita di Mihai Ciju vorrei esaltare il gesto speciale di un ragazzo normale, che ha reagito a una situazione dura, imprevista ed inimmaginabile solo pochi secondi prima.
Umberto è un eroe normale, perche gli eroi normali fanno cose eccezionali. Gli eroi normali sono i vigili del fuoco del terremoto, i chirurghi che salvano le vite, ma anche chi fa il proprio dovere, tutti i giorni, con volontà e passione.
Sarebbe stato meglio non parlare di Umberto, sperare che quella serata si concludesse con qualche altra cazzata e una buonanotte, ma purtroppo non è andata così.
E allora semplicemente grazie Umberto, perché eri lì a fare la cosa giusta, a far vedere che cosa può essere un ragazzo di 20 anni.
I ragazzi di vent’anni, che spesso non capiamo, perché siamo noi incapaci di cambiare, che critichiamo senza sforzarci di comprendere.
I ragazzi di vent’anni che studiano e lavorano, spesso senza un futuro chiaro davanti, e che in una notte di dicembre possono diventare eroi normali.
Ora la palla è all’altro ventenne, Mihai che deve farcela con forza e tenacia, per cercare di restare in campo.
La partita è di quelle dure, ma vincere sarà estremamente bello, e questa volta sarà realmente l’unica cosa che conta.

La Fame

Avevo già deciso il tema di questo Hammer’s field, ma dopo la storica vittoria dell’Irlanda sugli All Blacks di sabato sera l’argomento casca, come si dice, a fagiolo.

Sabato pomeriggio a Rovigo, un Rovigo-Calvisano giocato male, diretto peggio. Rovigo che in qualche uomo continua a mostrare un ormai immotivato appagamento. Poca fame.
L’Irlanda gioca contro gli All Blacks nel ricordo di Anthony Foley. Test match a Chicago che sa un po’ di parata per i tuttineri, che danno l’idea di pensare più alla serie che alla partita. Fame contro pancia piena.
Morale, se anche hai la felce bianca sul petto non ti devi mai scordare che il rugby non può prescindere dalla voglia, dalla ferocia con cui conquisti un metro dopo l’altro, con la tenacia di passare sopra al tuo avversario, anche se tecnicamente più forte di te.

No shortcuts.

Coi dovuti distinguo, ma se vuoi vincere l’atteggiamento deve essere questo. Punto.
Parola a Gordon…

the Hammer

I veri valori…

Sebbene io ami molto i valori del rugby, al di là delle retoriche stucchevoli ipersfruttate per il marketing ovale, non parlo di sostegno, crescita, fratellanza, ecc., ma i valori cui mi riferisco sono i soldi.

I soldi non fanno la felicità, si dice, ma la imitano molto bene, dicono altri.

Qual è il vero valore dei nostri campionati, delle nostre squadre? Quante volte ci siamo scandalizzati per le disfatte di coppa, per le mete, i punti presi.
E ci interroghiamo sui valori tecnici, e si discute di agonismo, voglia di metterci il cuore.
Sopra il cuore c’è il portafogli e, ahimè, questo conta parecchio nel rugby attuale.

I veri valori. Se vi chiedessi, comparandoci al campionato francese a che livello mettere Treviso o le Zebre, o le finaliste dell’Eccellenza dell’anno scorso?

I budget di ProD2 vanno dagli 11.22 milioni di Oyonnax ai 3.71 della neopromossa Angouleme dell’italiano Davide Duca.
http://www.lerugbynistere.fr/news/pro-d2-le-classement-des-budgets-previsionnels-pour-la-saison-20162017-2208161646.php
Questa è la seconda divisione francese, e non fa le Coppe.
La Qualyfing Cup la fanno invece i siberiani del Krasny Yar, che, con sussiego di alcuni, hanno rifilato 48 punti al Mogliano una decina di giorni fa.
Due milioni e mezzo di budget non sono tutto , ma una mano la danno.
https://en.wikipedia.org/wiki/Krasny_Yar_Krasnoyarsk
Quindi, non stupiamoci più di tanto, just follow the money.
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