Concussion e primo intervento in campo: parola al ‘neozelandese’ Giuseppe Diana

Giuseppe Diana è un professionista prezioso nel panorama rugbistico italiano. Strength and Conditioning Coach, con un background specifico messo a disposizione di un tema delicato come la Concussion e il primo intervento in campo.

Responsabile della preparazione della Rugby Rovigo nelle ultime due stagioni, il ragazzo romano alle due lauree in Scienze Infermieristiche e Scienze Motorie vanta anche specializzazioni in tema di primo intervento e area critica; aggiornamenti che Diana ha vissuto in Nuova Zelanda, terra che già in passato ne ha riconosciuto le capacità (leggi qui l’intervista che Giuseppe aveva concesso a Rugbymercato in merito al suo cammino professionale).

E proprio nella Terra della Grande Nuvola Bianca Giuseppe ha terminato da poche settimane un corso di aggiornamento dedicato agli operatori sideline (componenti degli staff medici e tecnici) organizzato dalla federazione neozelandese.

‘In Nuova Zelanda prendono molto sul serio il problema della concussion e insistono sulle competenze  che dovrebbero avere gli operatori sideline in caso di infortunio grave, in collaborazione con il medico’.

Diana, che da anni sottolinea l’importanza di avere anche in Italia una figura specialistica in tema di concussion e del primo intervento in ambito sportivo, ci ha inviato un documento a riguardo che pubblichiamo in seguito.

E’ sotto gli occhi di tutti come negli ultimi anni siano in aumento esponenziale i casi di Concussion nel Rugby.

Reputo che sia fondamentale la discussione su questo argomento soprattutto per quello che riguarda la prevenzione, il trattamento immediato, il post trauma fino al ritorno in campo dell’atleta.

Prevenzione: effettuare uno screening completo del giocatore (nuovo acquisto o giocatore già in rosa) prima dell’inizio del pre-campionato con valutazione dei parametri vitali Ecg, esami ematochimici, eventuali test diagnostici strumentali (RM-RX) per rilevare condizioni patologiche preesistenti.

Gestione e Miglioramento: durante la stagione regolare effettuare regolari esami ematochimici su valori specifici (stress ossidativo-acido lattico, acido urico ematocrito per valutare le condizioni fisiologiche reali e per gestire, migliorare la performance e ridurre il rischio di infortunio.

Gestione Concussion nell’immediato (Glasgow coma scale, Scat 3, Golden minutes-test; valutazione post concussion per il ritorno in campo).

Wound Care nel primo intervento attraverso la gestione delle ferite o altri infortuni con il protocollo R.I.C.E..

Procedure BLS-D o RCP in caso di arresto cardiaco in campo durante gli allenamenti.

Rieducazione post-traumatica o post intervento chirurgico in seguito a infortuni in campo sportivo.

In ambito internazionale sembra essersi integrata stabilmente nello staff medico-riabilitativo-sportivo multidisciplinare la figura dell’Infermiere di Medicina Sportiva altamente specializzata e competente in quanto trasversale a tutti gli ambiti in cui risiedono le priorità relative alla prevenzione, gestione e trattamento di situazioni di emergenza (concussion-arresto cardiaco).

In Italia invece è esclusa al momento questa figura che, a mio parere, potrebbe lavorare in stretta collaborazione con il Team Medico Multidisciplinare.

A mio avviso sarebbe inoltre opportuno dare più importanza e spazio alla Medicina Sportiva fondamentale per la prevenzione e la salvaguardia del benessere e della salute del giocatore.

In base alla mia esperienza sul campo, all’estero e in Italia, ritengo fondamentale questi aspetti di Medicina Sportiva in quanto indispensabili per la salvaguardia e il benessere del giocatore’.

Dott.Giuseppe Diana

Head Strength and Conditioning Coach

(foto profilo Facebook Giuseppe Diana)

Allenamento della forza negli Under14. Proposta pratica

Molto spesso ci siamo trovati a discutere sull’allenamento della forza in ambito giovanile, infatti , anche sul nostro sito, potete trovare diversi “articoli” che trattano questo argomento. Nella fattispecie abbiamo sempre cercato di divulgare l’idea che l’allenamento della forza in ambito giovanile non deve essere un dogma, anzi, è una risorsa per tutti gli allenatori, ma soprattutto può essere un’ottima fonte di benefici per il ragazzo-atleta.
Il condizionale è d’obbligo, perché tra una proposta idonea e una improvvisata e non programmata sulle esigenze del nostro atleta, il passo è veramente breve. Purtroppo la concezione media di “allenamento della forza” tende a far credere che sia sempre necessario l’utilizzo di un sovraccarico esterno ma allo stesso tempo che l’utilizzo di esercizi a corpo libero sia esente da rischi.
Queste sono due estremizzazioni opposte dell’allenamento della forza nei giovani, infatti NON SEMPRE E’ NECESSARIO UN SOVRACCARICO ESTERNO E NON SEMPRE GLI ESERCIZI A CORPO LIBERO SONO MENO RISCHIOSI!
L’efficacia di un allenamento (in questo caso di forza) sta nella capacità dell’allenatore\preparatore, di comprendere quali siano le reali necessità del proprio atleta, e quali esercizi o sovraccarichi esso possa utilizzare; una volta analizzate queste necessità, starà sempre a lui dare seguito alla programmazione, con variazioni nei volumi, intensità,durate e recuperi del programma di allenamento.
In questo nuovo articolo, abbiamo voluto inserire una nostra proposta pratica, per un allenamento della forza da proporre ad “atleti” Under14 che si approcciano per la prima volta in palestra (o comunque all’allenamento della forza in questa modalità),indipendentemente dallo sport praticato:
Prima di iniziare il programma, eseguire sempre 8-10′ di riscaldamento con esercizi di mobilità articolare…

  • Salti al gradone 3 x 6 rec 1′
  • Camminata in quadrupedia 3×10 passi totali rec 30”
  • Contropiegata con braccia tese avanti 3×10 rec 30”
  • Piegamenti sulle braccia (normali o in ginocchio a seconda delle capacità dell’atleta) 2×12 rec 30”
  • Affondi laterali alternati 2×10+10 rec 30”
  • Tirate inverse con un compagno o alla trave 2x 8 rec 30”
  • Tenute isometriche prono 3×30” rec 30”
  • Sollevamenti alternati delle gambe da supino 3×12+12 rec 30”

Come potete vedere, sono tutti esercizi molti semplici, ma che comunque richiedono la corretta esecuzione tecnica e quindi la correzione da parte del preparatore\allenatore.
Abbiamo inserito recuperi da 30” ma, per facilitare l’apprendimento e l’esecuzione corretta, inizialmente si possono utilizzare anche recuperi più lunghi (1-1’30”).
Una volta acquisita la corretta tecnica di esecuzione ( o stabilito che già alla prima proposta, il nostro atleta è in grado di eseguire tutti gli esercizi correttamente) si può pensare di implementare il programma, andando a modificare alcuni parametri (sovraccarico, serie,ripetizioni, recuperi):

  • Salti al gradone 4×6 rec 1′
  • Camminata in quadrupedia 3x 5 frontali+5 dx+5sx+5 indietro
  • Contropiegata braccia tese in alto con palla medica 3kg 3×8 rec 1′
  • Piegamenti sulle braccia 3×10 rec 1′(chi le faceva in ginocchio passerà a fare 2×12 normali)
  • Affondi laterali alternati + spinta in alto con manubri 2×10+10 rec 1′
  • Tirate inverse alla trave o trazioni alla sbarra 3×8 rec 1′
  • Tenute isometriche frontali + laterali 3x 30”+30”dx+30″sx
  • Crunch a libretto 3×12 rec 1′

Questo tipo di proposta può essere praticata 2-3 volte a settimana e inserita tranquillamente in una programmazione più complessa all’interno della settimana.
Come detto in precedenza, starà poi al preparatore, capire la condizione e lo stato fisico-motorio del ragazzo, su cui programmare il passo successivo.

La valutazione del Rom° per una migliore riabilitazione

L’importanza della valutazione del rom articolare, nella riabilitazione del legamento crociato anteriore.


Oggi siamo con Matteo, un’atleta di 16 anni che nel mese di Maggio 2016, durante un allenamento di rugby ha purtroppo subito una lesione del legamento crociato anteriore.
Dopo essere stato operato e seguito nella prima fase di riabilitazione dal fisioterapista, Matteo ha avuto il via libera per iniziare la prima fase di ripresa all’attività motoria, finalizzata al completo recupero psico-fisico.
In accordo con il medico e il fisioterapista, abbiamo sottoposto Matteo ad un semplicissimo test di valutazione del Rom° articolare, utilizzando il sensore isoinerziale Gyko Re-Power; abbiamo chiesto al ragazzo di effettuare una semplice flessione della gamba e abbiamo registrato i risultati.
20160829_180554Come potete osservare dalla prima immagine, in alto, abbiamo comparato l’arto lesionato (il sinistro) con il controlaterale ed è evidente come ci sia ancora una differenza nella mobilità  (consideriamo che sono passati appena 2 mesi e mezzo), di circa 20-23 °.
Questo però non è l’unico dato che ci viene indicato, infatti potete trovare altre due voci: la Fluidità del movimento (FL) che differenzia di soli 0,2 punti e infine la velocità del movimento (espressa i gradi al secondo °\s) che come per il rom° , presenta una sostanziale differenza di almeno 13-20°\s.
Il monitoraggio di questi ultimi due dati (in aggiunta a quello del rom° che viene calcolato con elevata precisione), diventa di fondamentale importanza per una migliore valutazione e programmazione del piano di recupero studiato insieme allo staff medico.
Infatti il legamento crociato di Matteo è stato ricostruito prelevando un tendine dal flessore e questo comporta una perdita nella velocità della flessione e di mobilità negli ultimi gradi dello stesso movimento.
Questo test, quindi, ci ha permesso di valutare come la mobilità dell’articolazione del ginocchio, sia fondamentalmente recuperata, ma la tipologia di intervento utilizzata sul ragazzo, fa si che debba essere posta attenzione anche sul recupero del flessore per migliorare i parametri appena descritti.

http://adteam.it/la-valutazione-del-rom-migliore-riabilitazione/

Parliamo di ROM

Parliamo di ROM° e del perché diventa fondamentale poterlo valutare e monitorare! Oggi abbiamo l’esempio di un semplice test di valutazione nel breve termine (praticamente immediato) sul Range of Motion di un ginocchio.
Atleta X, 26 anni, ha da poco iniziato a praticare Brazilian Jiiu Jitsu, che nel suo modello prestativo richiede un’ottima mobilità articolare e flessibilità.
Il nostro atleta (proveniente dalla pesistica) presenta una problematica al ginocchio destro, per un’operazione avvenuta nel 2014 al menisco esterno, seguita da una riabilitazione non ottimale che non gli consente la massima estensione del ginocchio destro.
Ovviamente l’atleta X lamenta una scarsità nella mobilità del proprio ginocchio che viene realmente riscontrata effettuando un semplice test di Simmetria attraverso Gyko.
Questo test viene effettuato subito dopo un breve riscaldamento di 5′ su bike ad intensità scelta dall’atleta.
Il primo test evidenzia una differenza del 10% nel ROM° tra il ginocchio di riferimento, ovvero quello sx (prendiamo come riferimento il ginocchio sx perchè sappiamo che non ha nessuna problematica) e il controlaterale dx.

Dopo aver effettuato questo test, procediamo ad una sessione di Release Miofasciale con Foam Roller; la sessione prevede 1′ di release seguito da 2′ di allungamento statico su tre diversi comparti muscolari( tricipite surale, femorale e quadricipite) dello stesso arto per poi ripetere dalla’arto opposto.

Al termine di questa sessione di allenamento ripetiamo il test
Come potete vedere dall’immagine sottostante, il ROM articolare è diventato praticamente lo stesso, con una flessione di 23° sia a dx che a sx, ma vi è una differenza sostanziale tra la fluidità del movimento (differenza del 20%) e la velocità (differenza del 40%).ROM

Quindi, un’atleta che vuole raggiungere degli obiettivi (che sia una medaglia d’oro o riuscire a stare con il sedere sui talloni Emoticon grin ) non può affidarsi a semplici sensazioni o al “così fan tutti” ma deve avere dei reali riscontri obiettivi sul proprio stato fisico.
Ovviamente l’effetto antalgico dello stretching porterà il nostro atleta ad una migliore sensazione di flessibilità e a lungo andare questa sicuramente porterà dei miglioramenti ma appare evidente di come ci sia una sostanziale differenza nella velocità e fluidità nell’esecuzione del movimento, che non può essere valutata ad occhio nudo e non può essere risolta con del semplice stretching ma richiede un adeguato e specifico allenamento, sostenuto da un continuo monitoraggio nel tempo.

Come “accendere la luce” con l’allenamento mentale

Tutti gli atleti professionisti, ma anche molti amatori che praticano con regolarità un’attività sportiva, sanno che esiste una particolare condizione emotiva e mentale caratterizzata da uno straordinario senso di benessere, sicurezza in se stessi, forza fisica e fiducia nelle proprie capacità.

Alcuni testi definiscono questa condizione con il termine flow, che rende l’idea di un qualcosa che scorre naturalmente, senza bisogno di sforzi particolari affinché ciò che desideriamo accada, come se si fosse trasportati e guidati verso l’obiettivo che si vuole conseguire.

Allenare la menta al successoA seconda delle condizioni fisiche, dell’abitudine all’allenamento e di una predisposizione mentale, si vivono momenti di flow più o meno frequentemente ed essi hanno una durata più o meno estesa.

Naturalmente, per un atleta sarebbe estremamente utile riuscire a raggiungere in controllo e in piena volontà tale condizione, perché da essa deriva una serie di benefici tecnici e atletici che possono fare la differenza tra una prestazione accettabile e una eccezionale.

Dopo aver affrontato nel precedente articolo il tema della motivazione, quindi, in questa pubblicazione ci occupiamo di analizzare le strategie mentali che l’atleta può mettere in atto per accendere la luce e migliorare le proprie performance quando è impegnato nella pratica sportiva.

Come accedere al tuo massimo potenziale

E’ ovvio che non c’è casualità in una performance sportiva eccezionale: contrariamente a quanto si è pensato per anni, le ottime prestazioni non accadono da sé, come se fossero distribuite da una mano invisibile e misteriosa agli atleti più meritevoli, ma sono un preciso concorrere di più elementi che provengono dalla sfera fisica, emotiva e mentale dell’atleta.

Detto in altri termini, è possibile allenare la tua capacità di eccellere nello sport che pratichi e naturalmente il rugby non fa eccezione.
Lasciando da parte la preparazione fisica, che non mi compete, dal punto di vista mentale devi abituare il tuo cervello a capire ciò di cui hai bisogno quando sei in campo, così che sia condizionato ad aiutarti a raggiungere il tuo stato mentale ottimale.
Naturalmente, per riuscirci, puoi sfruttare gli allenamenti. Ti propongo quindi una tecnica molto efficace, tra le diverse che insegno nei miei percorsi di coaching sportivo, che ti invito a mettere in pratica fin da subito.
Prima di scendere in campo, trova un momento per restare solo senza essere disturbato per alcuni minuti. Segui questi passi:

  • Chiudi gli occhi e se conosci una tecnica per rilassarti utilizzala, oppure respira semplicemente in modo naturale e profondo per qualche istante.
  • Visualizza il film del ricordo di una tua prestazione straordinaria. Parti dall’inizio e vedi te stesso mentre scendi in campo: nota come ti muovi, come usi il corpo, qual è l’espressione del tuo viso, come respiri. Osservati da più angolazioni prestando attenzione quanto stai bene e come è evidente che sei al meglio della forma. Goditi tutto il film della tua prestazione nei suoi momenti salienti: soffermati sui frangenti di gioco dove hai fatto qualcosa di speciale, riguarda ogni azione che ti ha visto vincente e protagonista, rivedi il film fino a quando lasci il campo soddisfatto e orgoglioso.
  • Ora, torna con la mente all’inizio del tuo ricordo e ricomincia a visualizzarlo, questa volta associandoti alla scena, cioè vedendola con i tuoi occhi, proprio come l’hai vissuta. Ricrea anche i suoni e i rumori che hai sentito, nota la sensazione dell’abbigliamento che hai addosso, del terreno sotto i tuoi piedi, dell’aria sulla faccia. Ascolta le voci dei tuoi compagni di squadra e del tuo allenatore mentre si complimentano con te e ti incoraggiano. Di nuovo, soffermati sulle immagini più rappresentative della tua grande prestazione, goditele ancora una volta mentre ti concentri sulle piacevoli sensazioni che questo ti regala.
  • Quando arrivi alla fine del film del tuo ricordo, cerca il punto del tuo corpo dove hai le sensazioni migliori e immagina che da lì parta un’onda di sicurezza, forza, determinazione e coraggio che raggiunge ogni cellula, rinforzandola, nutrendola e caricandola della tua energia migliore.
  • Puoi restare in questo stato magico tutto il tempo che vuoi e godertelo! Quando sei pronto respira ancora una volta profondamente e riapri gli occhi.

Un allenamento quotidiano ti permetterà, tramite questa tecnica, di generare in te le migliori sensazioni possibili e portarle in campo. Puoi cambiare ricordo di tanto in tanto se ne hai diversi in cui hai giocato alla grande, oppure utilizzare sempre lo stesso film impegnandoti ogni volta ad aggiungere dettagli sempre più precisi e motivanti.

Questa è una delle strategie che un atleta può utilizzare per anticipare la condizione mentale che vuole raggiungere e crearla a seconda della propria volontà, senza così dover sperare che accada spontaneamente. Quando la padroneggi, allora sei certo che la tua prestazione non sarà influenzata da fattori esterni che non puoi controllare, ma la sua efficacia sarà sotto il tuo totale controllo.

Allenati a metterla in pratica e a migliorarla, considerando le mie indicazioni come una traccia su cui lavorare mentre trovi il tuo modo per raggiungere la miglior condizione mentale possibile, che ti apra le porte a una prestazione memorabile. Potrai usarla nella successiva visualizzazione, creando così un loop che ti permetterà di crescere e migliorare costantemente, oltre a dare affidabilità e costanza al tuo livello di performance durante tutta la stagione.

Concludendo

Nel prossimo articolo parleremo in senso più generale dell’attitudine dell’atleta di successo e dei pilastri della mentalità che deve curare e fare crescere per diventare sempre più forte.

L’allenamento della Forza, l’importanza di una valutazione reale.

Michele Lando al lavoro sotto il controllo di Alessandro RoppoOggi vogliamo affrontare un argomento molto importante per tutti gli sportivi, sia amatoriali che professionisti; l’allenamento della Forza.
Ogni sport possiede le proprie caratteristiche, il proprio modello prestativo, ma le capacità condizionali che permettono il gesto motorio sono sempre le stesse, infatti sarà l’enfasi su una determinata capacità o una combinazione tra esse a differenziare uno sport da un altro.
Nel tempo questa continua ricerca della differenziazione ha portato a perdere di vista le reali caratteristiche delle capacità condizionali, a volte allontanandosi anche dalle basi di fisiologia.
Nello specifico, quando parliamo di FORZA vediamo come essa viene troppo spesso classificata in una serie infinita di tipologie: Massima, Rapida, Veloce, Reattiva, Riflessa, Resistente, Dinamica Massima, Esplosiva, Resistenza alla Forza, Resistenza Muscolare e ultimamente la Forza Funzionale.
Ovviamente non saremo noi (non è nel nostro interesse) a contestare la terminologia utilizzata e il perché di tante classificazioni visto che queste voci si basano su studi scientifici di una certa rilevanza; però possiamo contestare chi si ostina ad allontanarsi dalle basi fisiologiche della Forza.

In primis, la fisica ci dice che la Forza è data dall’espressione tra una massa e la sua accelerazione (F=m*a), che questo evento inneschi una serie di reazioni a catena che dipendono da fattori quali la sincronizzazione delle fibre, il reclutamento delle unità motorie e la coordinazione intermuscolare che sono parte integrante dell’espressione di forza, ma la cosa fondamentale da capire è che se non possiamo MISURARLA, non possiamo classificarla.

Nello Sport come nel fitness, sentiamo parlare di carichi di allenamento, di percentuali su serie e ripetizioni, ma siamo sicuri che questi numeri che compaiono sulle vostre schede di allenamento siano giusti e rispecchino le vostre necessità?

Come faccio a dire che Tizio lavora al 70% del proprio massimale se non ho il dato fondamentale per la fisica che è l’accelerazione? Il mio “occhiometro” non sarà mai in grado di dirmi che quell’ipotetico 70% è stato spostato ad una certa velocità, così da indicarmi la forza espressa.
Ecco che quindi la classificazione della forza (come sosteneva C.Bosco) deve avvenire attraverso l’analisi dei due elementi fondamentali che sono il Carico (la massa) e la velocità di esecuzione del gesto motorio (accelerazione), a cui va aggiunta l’analisi degli angoli articolari del gesto stesso.

Così facendo la classificazione delle forze si ridurrà notevolmente a 3 espressioni:
– Forza massima v < 0,5 m\s
– Forza dinamica v 0,5 <> 1,2 m\s
– Forza esplosiva v > 1,2 m\s

Da qui si è visto negli anni e attraverso diversi studi, come a queste velocità corrispondesse un certo range del carico,(che ha portato anche alla creazione di tabelle di riferimento basate su carico e ripetizioni raggiunte):
Forza massima 70-100% del CM
– Forza dinamica 30-70% del CM
Forza esplosiva 0-30% del CM
Forza reattiva generalmente a carico libero con velocità massima

Già osservando questi dati, possiamo notare come ci sia innanzitutto una differenza sostanziale tra i vari range di lavoro(tra il 30 e il 40% ) che per un allenamento ottimale non possono essere sottovalutati; e ancora la coincidenza tra espressione massima di una tipologia di forza e quella minima della forza successiva come li valuto? Ad esempio se mi alleno al 70% come faccio a sapere se sono in forza massima o in forza dinamica ? Oppure se mi alleno a corpo libero, sto allenando la forza esplosiva o la forza reattiva? Se il mio atleta è in sovrappeso, siamo sicuri che il suo “peso in eccesso” non sia sufficiente per allenare la forza reattiva a corpo libero?
Queste sono tutte considerazione alla base di una programmazione di allenamento ottimale, le gare si vincono per millesimi di secondo e allo stesso modo un solo kg in più o in meno durante l’allenamento della forza, può fare la differenza sul risultato finale, LA GARA.

E’ qui che la tecnologia ci viene in supporto e solo chi ne è dotato può valutare i propri atleti e programmare un allenamento personalizzato che tenga veramente conto di tutte queste differenze.
Nell’immagine sottostante, potete vedere come abbiamo ottenuto il profilo muscolare di un nostro atleta (Ultratrail), facendogli eseguire diverse serie di Squat a carico crescente.
Nella colonna di sinistra troverete il carico utilizzato, mentre nelle colonne successive trovate tra partentesi i m\s per il carico corrispondente per ogni ripetizione.

L’allenamento della Forza, l’importanza di una valutazione reale.

In giallo abbiamo evidenziato un evento molto particolare che solo attraverso attrezzature come il Gyko di Microgate è possibile ottenere: notate come il nostro atleta alla prima ripetizione di squat con 78Kg esprime 0.31 m\s, stessa velocità ottenuta alla prima e alla seconda ripetizione con 98kg ed ogni singola ripetizione è stata effettuata in contrazione esclusivamente concentrica, ovvero effettuando 1-2” di stop al termine della fase eccentrica (di discesa) dello squat.

A dimostrazione di come pur avendo aumentato 20kg sul bilanciere, il nostro atleta è riuscito ad esprimere la stessa velocità, allo stesso angolo sullo stesso esercizio!

I Pilastri della Motivazione nello Sport

rocky-in-cima-alle-scaleIl mondo dello sport ha riconosciuto da anni il ruolo della motivazione nel determinare la qualità di una performance in allenamento e in gara. Il concetto di motivazione è ampio, essendo ciò che spinge le persone a fare ciò che fanno: uno studente ha bisogno di essere motivato per preparare al meglio un esame, un lavoratore ha motivazioni che lo portano a recarsi sul luogo di lavoro ogni mattina, uno scrittore produce i suoi testi mosso da una forza interiore che lo motiva a farlo e così via. Un atleta dà il massimo di sé quando è pienamente motivato, altrimenti esprimerà solamente in parte il suo valore.

E’ chiaro quindi che non tutti i tipi di motivazione sono uguali: ne esistono di diversi, hanno ruoli differenti all’interno della nostra mente e non sono efficaci sempre nella stessa misura, ma la loro capacità di influenzare i nostri comportamenti dipende anche dal contenuto e dalla persona su cui agiscono. Inoltre, la motivazione di un atleta varia secondo diversi fattori esterni: la fase delle stagione sportiva in cui si trova, le condizioni ambientali, gli obiettivi della squadra, la comunicazione dell’allenatore, lo stato di forma sono tra i principali.

Per prima cosa va chiarito un punto: il termine motivazione deriva da motus, cioè ha a che fare con il muoversi, inteso come attivarsi per generare un cambiamento. Ne ho parlato più diffusamente in questo mio articolo dove tra l’altro sottolineo anche le differenze tra l’essere un allenatore mentale e un motivatore e che ti invito a leggere per approfondire.

La domanda quindi diventa: che cosa, precisamente, muove un atleta ad allenarsi duramente, scendere in campo e dare il meglio di sé?

E che cosa accade, invece, quando lo stesso sente una mancanza di ragioni per comportarsi come un atleta al top?

Attraverso i prossimi punti chiave vedremo insieme che cosa genera questa sostanziale differenza.

La motivazione è legata agli obiettivi

Ogni volta in cui inizio un percorso di sport coaching con un atleta, a prescindere dalla disciplina che pratica, dedichiamo le prime ore del nostro lavoro insieme a due tematiche fondamentali: la formulazione di obiettivi validi e la scoperta delle motivazioni che li sorreggono.

Le motivazioni sono come gli appigli su una parete di arrampicata: più ne vedi e ne hai a disposizione, più facile sarà raggiungere la vetta, avendo anche la possibilità di scegliere la via da seguire che preferisci o che più si adatta alle tue caratteristiche.

Il punto chiave di questa impostazione è: ogni obiettivo è sorretto da motivazioni differenti. Quindi, se vuoi essere un giocatore più motivato, prima di tutto devi sapere come e quando lavorare correttamente sui tuoi obiettivi.

Questi devono essere estremamente chiari, precisi e specifici, rivolti a che cosa vuoi che accada piuttosto che a “ciò che stai cercando di evitare”, il più possibile sotto il tuo controllo, con una data di scadenza determinata e sufficientemente credibili per le tue attuali o potenziali capacità.

Nessuno può motivarti se prima di tutto tu non sai che cosa desideri che accada e perché lo vuoi.

Spesso, gli atleti con cui lavoro che riconoscono di non sentirsi particolarmente motivati e quando chiedo loro qual è l’obiettivo, le risposte suonano come “voglio migliorarmi” oppure “voglio salire di categoria” oppure ancora “voglio giocare una grande stagione”. Sono tutti concetti validi e ottime basi di partenza, ma non sono veri obiettivi.

E se non c’è un vero obiettivo, non ci può essere vera motivazione. Lavora pertanto come prima cosa sull’obiettivo e poi analizza nel dettaglio, per motivarti, tutti i perché che ti spingono a perseguirlo e i benefici che derivano dalla sua piena realizzazione.

La motivazione va continuamente nutrita (accetta il cambiamento)

Una volta che hai chiaro i tuoi cosa voglio e i relativi perché lo voglio, hai iniziato con il piede giusto, ma non basterà. Un obiettivo ben motivato è come una piantina che deve crescere: se non la nutri, non maturerà. Devi curare la tua motivazione se non giorno dopo giorno almeno settimanalmente, applicandoti in un lavoro razionale di analisi e discussione di tutto ciò che ti fa sentire che stai correndo per la giusta causa. Valuta e aggiusta continuamente. Nutrilo e curalo.

Accetta il cambiamento: tu cambi, il mondo attorno a te cambia, le persone anche. La stagione sportiva può essere sopra o sotto le aspettative, può allinearsi agli obiettivi di team, ma in ogni caso anch’essa vivrà momenti di cambiamento. Adatta i tuoi obiettivi al contesto e resta motivato!

La motivazione deve essere “auto motivazione”, non generata dall’esterno

E’ possibile che qualcuno riesca a motivarti? Probabilmente sì. Esistono tecniche da apprendere, storie da ascoltare, modalità comunicative che riescono in effetti a smuovere dentro chi le ascolta le leve giuste per generare un cambiamento. Questo tipo di motivazione arriva dall’esterno verso di te, in un certo senso la subisci. Funziona, perché ti aiuta, ti dà uno spazio in cui trovare nuove soluzioni. Ma spesso, quando lasci che sia qualcuno a motivarti, quando la causa esterna svanisce si porta via anche parte della tua motivazione.

Il modo migliore per essere motivato è trovare una tua strategia di pensiero in grado di muovere quelle leve dall’interno. Tutti noi abbiamo regole e valori stabiliti con noi stessi che non sopportiamo di infrangere, perché farlo ci pone in una condizione di fastidio e di disistima. Puoi sfruttare questo fatto per automotivarti, stipulando patti con te stesso e lanciandoti sfide che ti danno un’enorme soddisfazione quando portate a termine con successo.

Se sei un atleta ti riuscirà ancora più facile, perché hai già un ampio campo di applicazione: perché non sfidi te stesso nell’essere il migliore, per tutto il prossimo mese, nei tuoi allenamenti? Oppure, perché non scommetti con te stesso che riuscirai ad allenarti in palestra aumentando i carichi di una quota stabilita entro una certa data?

Il modo migliore per motivarsi è mettersi alla prova: funziona con maggior intensità rispetto a quando è qualcuno al di fuori di te a darti stimoli per migliorarti.

La motivazione “sul dolore” è efficace a breve termine, ma non è la più adatta per obiettivi a lunga scadenza

Generalmente, un atleta ragiona in termini di carriera o, al limite, di stagione sportiva. E’ improbabile che un obiettivo nel mondo dello sport sia a brevissimo termine, anzi spesso è dannoso valutare la prestazione singola. Esistono due leve in grado di motivare le persone, due grandi forze che ci spingono ad agire: il piacere e il dolore. Pensa a quando ti alleni e decidi di farlo al massimo: puoi prendere questa decisione perché ti piace la sensazione di avere dato tutto che provi quando torni a casa dopo una sessione particolarmente intensa, oppure puoi decidere di farlo perché hai notato che tutti i tuoi compagni nel team si stanno allenando durissimo e, se non lo fai anche tu, potresti perdere occasioni di scendere in campo.

In entrambi i casi ti allenerai al massimo, ma nel primo lo farai mosso dal piacere, nel secondo dal dolore.

E’ provato che una leva sul dolore è più efficace nel breve periodo. Se devi decidere se andare ad allenarti oggi oppure saltare la sessione, ti conviene elencare tutto ciò che di negativo accadrà se non ci vai. Vedrai che pensando a tutti gli svantaggi che ti porta perdere un allenamento ti verrà voglia di parteciparvi.

Ma se devi decidere, magari a fine carriera, di prolungare o meno di un paio d’anni la tua attività agonistica, è molto più efficace focalizzarti sui vantaggi che avrai sul lungo periodo (per esempio un corpo più sano e sotto controllo, la possibilità di goderti la compagnia degli altri giocatori ancora un po’, tornare a giocare in quello stadio che ti piace, ulteriori guadagni e così via). Se prendi quella decisione motivato dal solo dolore, è molto probabile che poco tempo dopo perderai motivazione (pensaci: è ciò che accade a chi si iscrive in palestra perché si vede fuori forma – leva sul dolore – e dopo un mese smette di andarci perché non percepisce il piacere che deriva dall’allenarsi sistematicamente su lunga scadenza – mancanza di leva sul piacere sul lungo periodo).

Quindi è importante sapere, che tu sia l’atleta o l’allenatore, quale leva usare per motivare in funzione del contesto.

Concludendo

In questo articolo dedicato a un ambito così importante del coaching sportivo ho voluto approfondire alcune tematiche sul concetto di motivazione e sul come creare e mantenere in te la voglia di agire per migliorarti.

Se hai domande o vuoi approfondire puoi lasciare in commento o contattarmi e con piacere ti risponderò il prima possibile.

Nel prossimo articolo parleremo di crescita personale e di come puoi accendere la luce nella tua mente per diventare ogni giorno migliore del giorno prima.

Valutazione, programmazione, monitoraggio per lo sviluppo atletico e la performance sportive

Valutazione, programmazione, monitoraggio per lo sviluppo atletico e la performance sportive.Valutazione, programmazione, monitoraggio per lo sviluppo atletico e la performance sportive. Questo titolo racchiude il lavoro che i ragazzi di ADT svolgono quotidianamente sui nostri atleti, oggi però vogliamo toccare l’argomento direttamente con voi che ci seguite.

Spesso sentiamo parlare di programmazione, periodizzazione,progettazione…e chi più ne ha più ne metta!
Ogni termine riassume il “protocollo” di allenamento scelto dal preparatore\allenatore, nello sviluppare un susseguirsi di allenamenti atti a migliorare la performance sportiva nell’arco di una o più stagioni.

Nella letteratura a disposizione si tende a generalizzare questi “protocolli\programmi di allenamento” solo perché magari una squadra o u
n’atleta riescono a raggiungere grandi traguardi, senza però comprenderne realmente la validità e i motivi che hanno portato a scegliere determinati mezzi e metodi piuttosto che altri.La cosa che a noi giunge subito agli occhi è come il metodo\protocollo è sempre seguito nell’immediato da corsi di formazione, ideati e presentanti dagli stessi inventori del metodo\protocollo, dove una massa di principianti ed anche esperti del mondo della preparazione fisica si iscrivono con la speranza di trovare il santo Graal per la preparazione dei propri atleti.
La cosa che ci lascia ancora più perplessi è la capacità di inculcare le proprie idee (sempre e solo perché un protocollo ha funzionato in un contesto e non è detto che funzioni con tutti gli altri) e far si che al termine di questi corsi si crei un esercito di preparatori\allenatori con le “scatole chiuse”!
Persone che abbandonano improvvisamente il proprio pensiero per sposare quello di qualcun’altro solo perché ha vinto una coppa o una medaglia.

Oggi, troppo facilmente ci si dimentica della fisiologia,della biologica e della biomeccanica applicata allo sport, ci vogliamo convincere che le cose funzionano diversamente dalla realtà (nello sport come nel quotidiano), che possiamo anticipare o ritardare determinati processi.

Noi crediamo che la programmazione dell’allenamento è un’aspetto molto più semplice di quello che si vuol fare credere, a patto che sia accompagnato da 3 fattori imprescindibili tra loro: la VALUTAZIONE, il MONITORAGGIO e soprattutto LO SVILUPPO A LUNGO TERMINE.

La VALUTAZIONE (iniziale,intermedia e finale) ci consente di capire con chi abbiamo a che fare, quali sono le reali necessità da allenare per il nostro atleta. Non si può applicare un metodo che ha funzionato per “tizio” a “caio”. Non si può più prescindere dalla valutazione ,nell’arco della stagione, dei propri atleti.

Il MONITORAGGIO è il gps di ogni preparatore; ci indica se la strada intrapresa ci sta portando a destinazione o se è il caso di prendere un’altra strada.

LO SVILUPPO A LUNGO TERMINE si riferisce per lo più all’allenamento giovanile; per raggiungere grandi successi ed alti livelli, si devono creare ATLETI e non si può sperare solo e soltanto nel talento di pochi eletti.
Per creare atleti si deve Valutare,Programmare e Monitorare e non ci si può limitare al ” Così fan tutti”.

Per approfondire l’argomento contattare l’
Adt Coach Luca Costanzelli
www.adteam.it

Il ruolo della prevenzione nel gioco del rugby

All’interno della vastità di elementi fisiologici, biologici e psicologici che compongono la condizione dell’atleta, troviamo un aspetto troppo spesso sottovalutato, soprattutto nello sport professionistico, ovvero, la prevenzione degli infortuni.

E’ vero che l’allenamento fisico-atletico ha come obiettivo primario il miglioramento della condizione dell’atleta e di conseguenza della sua prestazione ma è anche vero che la prevenzione dell’infortunio è alla base della pratica sportiva.

In una programmazione a breve, medio e lungo termine non dovrebbe mai mancare una parte specifica dedicata alla prevenzione degli infortuni, soprattutto in quegli sport come il rugby dove i “fattori di rischio” vengono innalzati dalle richieste del gioco stesso.
Oggi troviamo atleti che oltre ad aver raggiunto un livello fisico impressionante, riescono a esprimere la loro motricità alla massima velocità cosi da provocare impatti a volte devastanti per l’avversario.
Non è un discorso limitato ai placcaggi e gli scontri di gioco ma anche ai ritmi che si sono notevolmente elevati.

Ma quali sono gli elementi per strutturare un allenamento preventivo?

Prima di tutto si dovrebbe analizzare il modello prestativo dello sport (nel nostro caso il Rugby) e successivamente analizzare (con dati reperibili sul web, dati infortuni del proprio club o più semplicemente il background infortuni per singolo giocatore) quali sono gli infortuni più frequenti e quindi quelli su cui lavorare.
Una volta ottenuti questi dati è possibile strutturare l’allenamento che comprenderà tutti quegli esercizi che a nostro avviso serviranno per prevenire l’infortunio che più frequentemente si manifesta nello sport praticato.

Per esperienza, noi di ADT, sosteniamo che nell’allenamento preventivo del rugby non debbano mai mancare i seguenti elementi:
Esercizi di rinforzo del core e degli stabilizzatori (dando ad esempio enfasi agli stabilizzatori delle spalle\collo per la prima linea)
Mobilità articolare , da non confondersi con la flessibilità e soprattutto con l’allenamento dello stretching( per questo rimandiamo alla lettura del nostro post su Facebook sull’allenamento dello stretching)
Allenamento dell’equilibrio e della propriocezione (soprattutto a livello giovanile, questi due aspetti vengono spesso dimenticati e sottovalutati)
Reazione ottica: un elemento che difficilmente vederete allenare tra le squadre di rugby italiano ma che ricopre un ruolo fondamentale nel miglioramento della prestazione e nella prevenzione.

Un’altro elemento a favore dell’allenamento preventivo è che non abbiamo bisogno di chissà quali attrezzature o spazi per poterlo eseguire. In realtà la maggior parte degli esercizi si sviluppano a corpo libero, partendo da posizioni base “semplici” per poi raggiungere quelle complesse avanzate.
Esistono diversi protocolli di lavoro: dai classici circuiti ai lavori a stazione con serie e recuperi ma in entrambi i casi sono sufficienti 20-30 minuti per 2\3 volte a settimana per poter notevolmente ridurre l’insorgere di infortuni e migliorare la prestazione sportiva.

Per ulteriori informazioni o per una consulenza contatta su Facebook l’Athletic Development Team oppure sul sito web www.adteam.it

Athletic Development Team per lo sviluppo atletico del rugby italiano

Athletic Development TeamPiazzaRugby inizia il 2016 con una nuova collaborazione importante, quella con l’Athletic Development Team – ADT:  è un team di persone provenienti dal mondo dello sport e delle scienze motorie e sportive, della fisioterapia e della nutrizione. Nasce dall’iniziativa di Alessandro Roppo e Luca Costanzelli finalizzata a coordinare le competenze di un gruppo di partner qualificati, provenienti da vari ambiti di competenze contigue e complementari, con l’obiettivo di alimentare sinergie positive volte alla soddisfazione delle esigenze attuali e potenziali dei clienti atleti, sportivi, squadre e persone in cerca del benessere psicofisico.

L’Athletic Development Team collaborerà da un lato a stretto contatto con Global Sports Futures Italia, l’agenzia di Sport Management che rappresenta la nuova evoluzione internazionale dell’attività iniziata da Marco Martello nel 2002 e fin qui identificata con PiazzaRugby. ADT seguirà nel corso della stagione gli atleti del team GSF, monitorandone le performance, valutandone costantemente gli standard atletici e sviluppando programmi personalizzati di miglioramento, integrativi rispetto al lavoro dei club. Il contributo di Alessandro Roppo, Luca Costanzelli e del loro staff sarà dunque una garanzia ulteriore per i club, ma anche un ausilio importante per gli stessi atleti, in particolare per quanto concerne il recupero fisico da traumi ed infortuni, ma ancor più per il raggiungimento di livelli di performance sempre più elevate, come richiesto dal rugby internazionale.

L’Athletic Development Team idealmente non deve essere visto come una soluzione alternativa al lavoro effettuato nel club con il proprio strength and conditioning staff, ma un servizio di supporto complementare ad esso. Per questo nel corso dei prossimi mesi lavoreremo assieme per studiare una serie di servizi, da proporre agli stessi club, ma rivolti in particolare agli specialisti della preparazione atletica che lavorano negli stessi. Partendo in primis da quegli stessi tecnici che già lavorano con il nostro team PR / GSFit, nonché dalla formazione degli atleti stessi, in particolare per quelli che stanno affrontando gli studi in Scienze Motorie.

L’Athletic Development Team attraverso PiazzaRugby.it e il network social ad esso collegato (oltre 10.000 contatti di qualità tra Facebook, Twitter e RugbyMercato.it) proporrà poi una serie di contenuti ad hoc, volti a migliorare le competenze specifiche del pubblico di addetti ai lavori e di semplici appassionati della palla ovale in Italia. Perché c’è chi il piano lo suona e chi il piano lo sposta, ma ogni ruolo, ogni gesto tecnico, ogni aspetto ha delle sue peculiarità che vanno conosciute e studiate, per far si che tutto il Rugby Italiano possa crescere in termini di competenze.

Aspetti questi che vedono ADT come un partner ideale: partendo dai blocchi di studio e ricerca,  pubblicazioni e confronto, esperienza e pratica sul campo ADT tende al perseguimento del suo obiettivo inerente lo Sviluppo Atletico.

Missione. La nostra mission, è di soddisfare tutte le esigenze nell’ambito dell’allenamento, sia esso amatoriale, dilettantistico o professionistico; proponendo l’esperienza dei nostri Athletic Development Coach a chi intende massimizzare le proprie Performance e tutte le componenti che la influenzano.
Offriamo le conoscenze e le abilità di esperti nel settore dell’allenamento, della nutrizione e della fisioterapia, per tutti gli sport individuali e di squadra, di endurance, velocità e potenza.
Descrizione. Il focus originario è lo Sviluppo Atletico a lungo termine degli atleti in età evolutiva, ma anche la preparazione fisico-atletica per sport individuali e di squadra e di varie discipline caratterizzate da endurance o velocità e potenza, dagli sport caratterizzate da RSA ai Transition Game, nel recupero e nella valutazione funzionale degli sportivi.
Fanno parte di ADT preparatori fisici federali FIR, Tecnici Fidal, Fipe, Dottori in scienze motorie e Dottori di Ricerca (Ph D) in Scienze e Tecniche dello Sport.

ADT offre un servizio di personal training e team training, sia a distanza (ove possibile) che “Face to Face” e/o presso strutture associate.
Mettiamo a disposizione i nostri ADC (Athletic Development Coach) per soddisfare ogni vostra necessità in ambito sportivo, fitness e benessere.
Offriamo il nostro supporto per la progettazione di programmi di allenamento personalizzati per tutte le età, genere, livelli e attività sportive, sia per sport individuali che di squadra. Athletic Development Team, inoltre, propone:

Programmazione Fisico/Atletica per la preparazione di
1) gare endurance (ultramaratona, maratona, triathlon, ciclismo, ecc.),
2) competizioni in sport di velocità e potenza.
3) sport individuali e di squadra e caratterizzati da RSA.
4) pianificazione nutrizionale.
6) ripresa e riabilitazione all’allenamento.

Per maggiori informazioni contattateci direttamente o visualizzate il sito web di ADTwww.adteam.it

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