A tu per tu con Federico Dalla Nora, ‘valoroso’ della palla ovale

‘Nel rugby moderno, prima ancora di costruire una squadra di professionisti, bisognerebbe creare un team di valorosi. A volte credo lo dimentichiamo, ma ritengo sia veramente importante che i principi e i valori che sono alla base del nostro sport non passino in secondo piano’. Federico Dalla Nora, di rugby, ne ha sempre respirato tanto. Dagli esordi con un San Donà che militava nell’elite del rugby nazionale alle esperienze a Padova e Rovigo, cugini, nemici e protagonisti di una sana rivalità, essenza di un rugby genuino. ‘Ho trovato eccellenze sia a Rovigo che a Padova – ricorda – e ho vissuto entrambe le esperienze da amante del rugby, senza astio. Due mondi incredibilmente belli’. Oggi Federico divide la sua vita tra gli impegni lavorativi come agente di commercio e la sua passione ovale, in questi anni coltivata in Friuli, grazie all’incarico di tecnico regionale federale. ‘Stiamo svolgendo un gran lavoro. Al nostro arrivo c’erano 1200 tesserati, ora sono 2400; 4 under 14, ora sono 8. Il nostro lavoro è quello di formare allenatori, giocatori, educatori e l’obiettivo è quello di allargare sempre di più la base’.


Federico, riavvolgiamo il nastro. Prima tappa, San Donà.
‘Era una squadra da paura. Giocavo con atleti del calibro di Gustavo Milano (seconda linea argentina, tre volte campione d’Italia con l’Amatori Milano) e Fabián Turnes (ex utility back dei Pumas). Ricordo l’esordio, a Rovigo, contro Lupini, Checchinato, Visentin, Botha. 3500 persone sugli spalti. Venivo da Oderzo, una piccola realtà. Mi sono adattato’.
Rovigo che, quale anno più tardi, la chiamerà per tenere le redini della mischia.
‘Una stagione fantastica per me, ma allo stesso tempo difficile: durante l’anno era venuto a mancare il presidente Bego. Tutti hanno stretto i denti e Nane Zanella, figura fondamentale per noi, è stato bravo a tenere ben saldo il gruppo. Abbiamo giocato con forza e spirito, caratteristiche che in situazioni simili solo a Rovigo puoi trovare. Non abbiamo mai mollato’.
A Rovigo si è diviso il ruolo con Polla Roux.
‘Sì lui era un idolo in città e un fenomeno in campo. Giocatore fisico, io più di movimento. La nostra era un’ottima squadra, con Pepe Scanavacca, Kruger. Dalle difficoltà ne escono comunque sempre cose positive’.
Nel suo percorso spunta anche l’esperienza a Padova.
‘Altro ambiente incredibilmente bello per giocare a rugby. Come a Rovigo, c’è molto interesse e ci sono strutture interamente dedicate al rugby, come gli impianti della Guizza che rispecchiano l’amore dell’ambiente verso il rugby’.
La storia è poi continuata in tanti ambienti veneti, da Paese a Mogliano, passando per Silea per poi tornare nuovamente a San Donà…
‘Durante la mia carriera ho avuto grandissimi maestri, Villepreux, Ascantini, Ambrosio, Fedrigo, giocatori e allenatori in campo. Ho sentito il dovere di rimanere in questo mondo e tenare di restituire quanto loro mi hanno insegnato’.
E da giocatore è diventato allenatore. Come vede il rugby Federico Dalla Nora?
‘Il mio rugby è un gioco di movimento, così come mi ha insegnato la Fir. Quando alleni un gruppo, penso che la cosa più giusta da fare sia aver ben chiari i valori del rugby, dall’amicizia al sostegno, all’avanzamento tutti insieme, come squadra. Mi piace che si crei un clima dove tutti i componenti stiano bene, si rispettino e lavorino bene insieme. Poi subentra la filosofia di gioco, che deve essere condivisa’.
Da qui, una squadra di valorosi…
‘Quando giocavo a San Donà, c’erano 15 capitani che andavano in campo per difendere la maglia. Guardavo in faccia i miei compagni e rimanevo impressionato. Così mi dicevo: ‘Darò tutto, perché voglio guadagnarmi il rispetto di questi ragazzi’. Per questo dico che i valori che stanno alla base del rugby devono sempre essere presenti nel nostro lavoro. Anche gli allenatori dovrebbero imparare a essere più umili, altrimenti non andiamo lontano…’.
In questi primi anni di carriera da allenatore ha vissuto molte esperienze nel rugby ‘di provincia’…
‘Tutte positive. Con i mezzi che avevamo a disposizione siamo sempre riusciti a centrare obiettivi. La mia esperienza è legata alla territorialità, alla realtà di giocatori che lavorano o studiano e che si allenano tre volte alla settimana. A livello professionistico, invece, non ci siamo…’.
Cosa intende?
‘Mancano i presupposti. Bisognerebbe mettere in condizione gli allenatori di allenare a tempo pieno, in modo che diventi un lavoro vero e proprio. Credo che in Italia ci siano molti bravi allenatori e se si investisse in tal senso, ne nascerebbero altri. Se il rugby in Italia vuole crescere dovrebbe dare la possibilità ai migliori allenatori di svolgere l’attività a tempo pieno’.
Un suo obiettivo futuro?
‘Far parte di un team vincente in Nazionale e andare a combattere contro tutti. Da solo non credo sarei in grado, ma mi piacerebbe far parte di una squadra che abbia obiettivi comuni e creare un percorso dove i ragazzi si sentano protagonisti’.
Primo passo, l’Eccellenza?
‘Sarebbe un passo strano perché dovrei dividermi tra lavoro e campo. Certamente allenare Rovigo o Petrarca sarebbe un sogno. Una sfida, di quelle complesse, ma che regalano le maggiori soddisfazioni’.
Passione. Professionalità. Gruppo. Valori. La filosofia di Dalla Nora.
‘Mi piacciono queste dinamiche. Rimanendo uniti si può fare qualsiasi cosa e non ci sono limiti. Dove non arrivi tu, arriva il tuo compagno. Se c’è chimica è dura fermare un gruppo inferocito’.

Autore: Andrea Nalio

Polesano, giornalista dal 2008, lavora come free lance a Londra e rappresenta l'anima operativa di RugbyMercato.it. Nel recente passato ha collaborato con i quotidiani Il Resto del Carlino e La Voce di Rovigo e condotto la trasmissione "Linea di Meta" per Radio Kolbe. Ha pubblicato anche un libro: «Pepenadores. Insieme ai cacciatori di rifiuti»: Reportage sulla dignità dei riciclatori informali della discarica di Oaxaca (Messico).

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