Studio e valutazione dell’Alto Livello. Revisione del campionato italiano. Valorizzazione del rugby nel Sud Italia. Sono questi i tre aspetti principali che animano il programma di Pronti al Cambiamento, associazione decisa a offrire un’alternativa solida e concreta per lo sviluppo della palla ovale tricolore.
Nata nel 2015, l’organizzazione si è impegnata sin dal principio a mantenere costante la comunicazione con i club italiani riportando periodicamente idee e obiettivi alla base del progetto. Tra i rappresentanti del gruppo anche Franco Tonni, anima di quel Viadana che ha per anni sorvolato con maestria i campi nazionali, terminando poi la sua parabola ai piedi di un’Europa celtica che non ha mai veramente accolto gli Aironi come membro del proprio stormo.
Oggi Tonni è tornato a bordo della nave ovale italiana condividendo cammino e visione con chi, come lui, pensa che un futuro più sereno per l’Italia ovale non sia poi solo una domestica utopia.
Franco, dopo la lunga esperienza a Viadana ha abbracciato un nuovo progetto: Pronti al Cambiamento.
‘Stiamo raccogliendo belle soddisfazioni. Ho sempre avuto un ottimo rapporto con i club italiani e con Pronti al Cambiamento ci stiamo facendo conoscere’.
Che messaggio volete trasmettere?
‘Vogliamo trasmettere un pensiero che non porti allo scontro, politica che gli ultimi presidenti federali hanno invece abbracciato’.
Il vostro obiettivo?
‘Creare una struttura che, in futuro, avrà uomini pronti a prendere le redini del rugby italiano se vedrà gratificato il proprio lavoro. Non condividiamo il comportamento della federazione attuale e per questo vogliamo essere pronti’.
Un pensiero riguardo il rugby italiano.
‘Il rugby italiano è articolato. Come federazione non è mai stato raggiunto lo stato legale di professionismo, ma abbiamo comunque due squadre professionistiche. Non ci sono esempi simili in altre Union importanti’.
Da qui il vostro primo punto: l’Alto Livello.
‘L’Alto livello va strutturato, rivisto. Serve dare continuità al lavoro delle due franchigie. Se Treviso è in linea con quello che dovrebbe essere il percorso di una squadra che vive il Pro14, le Zebre non lo sono affatto. E’ una situazione che va chiarita e che sta creando problematiche al bilancio federale’.
Secondo punto: campionato italiano.
‘L’Italia deve decidere se azzerare – come sta facendo questa Federazione – quel minimo di semi-professionismo che può essere un veicolo interessante per lo sviluppo dei giovani verso l’alto livello o ridurre il numero di squadre partecipanti per aumentare la qualità generale. Sono due filosofie diverse’.
Quale abbraccia Pronti al Cambiamento?
‘Se vogliamo tenere il passo delle franchigie dobbiamo ridurre il numero delle squadre nel campionato italiano. Creando le franchigie il rugby domestico ha perso interesse e qualità. E poi c’è una differenza importante da quando l’Italia ha iniziato questo cammino in Europa rispetto ad oggi…’.
Quale?
‘L’economia e l’attenzione verso il rugby è diversa. Il Super 10 pre Celtic fatturava 35/40 Milioni. Oggi questa cifra non viene raggiunta sommando Top 12 e franchigie insieme. L’aspetto economico è decisivo ed è evidente che sono stati commessi errori nel cammino verso l’alto livello. Bisogna rivederne i termini e le condizioni’.
Terzo punto: rivalorizzazione del rugby al Sud.
‘Il rugby Sud non esiste da anni. Catania è stata fucina di giocatori per tanto tempo e ora non riesce a esprimere più nulla. Pensiamo poi a L’Aquila, Benevento. Tanto talento che non può più essere incentivato con metodi classici e inefficaci come quello delle Accademie’.
Tre punti. Tanto lavoro.
‘L’Italia soffre di alcune problematiche che non sono di facile soluzione. Geograficamente é simile alla Nuova Zelanda ma ha un sistema che ricorda quello della Scozia che però ha 5 milioni di abitanti e dimensioni pari a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna messi insieme. Abbiamo una sola realtà veramente professionistica. É necessario che pure a Parma si raggiunga il livello organizzativo-economico e di know-how di Treviso. Va detto però che in alcune zone d’Italia certi interessi verso il rugby non si sono mai accesi’
Primo aspetto da sviluppare?
‘Dobbiamo lavorare verso un sentiero comune, senza contrapposizioni. In Italia manca la capacità di cooperare e vivere le situazioni con una visione che vada oltre i propri interessi. La Federazione dovrebbe iniziare a ‘guardare’ alle risorse umane, formando e lasciando spazio. Non è più ammissibile ragionare con il ‘ghe pensi mi’. Il fallimento della federazione nasce dalla mancanza di visione’.
