3. Devi volerlo prima di tutto

Nei miei due precedenti articoli per Piazza Rugby abbiamo analizzato insieme quali sono i pilastri della motivazione nello sport e qual è una strategia efficace per prepararti al meglio alla performance sportiva grazie all’allenamento mentale.

Oggi voglio parlarti di un altro fondamentale concetto che ogni sportivo che vuole il meglio da se stesso dovrebbe conoscere, interiorizzare e mettere in pratica. Per introdurlo, immagina di tornare con la mente al giorno in cui hai deciso che saresti stato un rugbista. Esiste certamente un momento della tua storia personale in cui quella decisione è diventare una realtà: può essere il giorno in cui hai firmato un contratto importante, oppure quello in cui sei sceso in campo per la prima volta in un incontro che contava. Qualunque sia quell’esperienza, tu sai che da lì la tua storia sportiva è iniziata.


Ora, pensa a ciò che è accaduto da quel giorno in poi. Di certo hai continuato a migliorarti, ti sei allenato duramente, hai assunto decisioni importanti che erano congruenti con il tuo sogno. Magari hai dovuto cambiare città, lasciare i tuoi amici e i tuoi affetti, e ogni giorno ti sei svegliato con un solo pensiero in testa e la sensazione che contasse più di tutti: giocare a rugby.

Fare dei propri sogni una professione o potervi dedicare la maggior parte del nostro tempo è uno straordinario privilegio. Poche persone possono permetterselo e ancora meno hanno modo di farlo a lungo. Dal giorno in cui hai preso quella fondamentale decisione, quella che ha cambiato il corso degli eventi e continuerà a farlo, una forza dentro di te ti ha sempre spinto a continuare.

Sono sicuro che durante il percorso hai affrontato e superato difficoltà notevoli. Non parlo solo della fatica fisica, ma anche di situazioni in cui ti sei sentito solo contro tutto il mondo, o forse hai subito un infortunio dal quale è stato duro recuperare, o ancora ti sei trovato messo da parte perché il tuo coach non credeva in te. Eppure, sei rimasto in piedi e sei ancora qui, pronto a sudare, soffrire, lottare, prendere e dare botte solo perché ami la palla ovale. 

Se vuoi essere un atleta che prende il meglio da se stesso devi fermarti un attimo a pensare. Devi capire qual è quella forza straordinaria che ti ha portato fino a qui. Qual è la tua missione? Che segno vuoi lasciare nel mondo dello sport dopo il tuo passaggio?

Dopo molti anni di lavoro con atleti di varie discipline e ad ogni livello, ho compreso e mi impegno a trasmettere un concetto fondamentale: nessuno, e intendo non un solo essere umano al mondo, può darti più fame sportiva, motivazione, coraggio e voglia di arrivare al massimo. Nessuno, a parte te.

L’unico modo certo per avere il meglio da te stesso è sfidarti, misurarti con l’eccellenza a cui aspiri. Lasciati guidare da queste domande: quanto forte posso diventare? Quando potrò fermarmi pensando che più di così non posso fare?

Solo tu hai la risposta e questa risposta è nel tuo cuore. Gli altri, i tuoi allenatori, la tua famiglia, i tuoi compagni di squadra, qualsiasi professionista possa darti una mano a migliorarti, sono straordinarie occasioni per diventare più forte e diventeranno indispensabili nella tua crescita. Ma sono tutti fuori da te, fanno parte del tuo ambiente, mentre il vero fuoco che fa di un buon atleta un atleta straordinario è interiore e nessun elemento esterno potrà mai sostituirlo.

Come fare, allora, ad avere accesso a questo potere innato in ognuno di noi? La risposta è la prova che le migliori strategie nella vita sono quelle semplici e che funzionano.

Lo devi volere.

Devi desiderare di eccellere amando questo desiderio come se fosse ciò di più importante e prezioso che hai al mondo. Quando la volontà è veramente forte e radicata in te, allora non esistono ostacoli che possano fermarti. Chi davvero vuole, trova il modo di farlo. Come spesso sento dire nel mondo del coaching, la verità è che “quando il perché è forte, il come lo si trova”.

Ed è proprio così. Ciò vale certamente nello sport, così come è vero al di fuori di esso.

Avere chiaro nella propria vita ciò che davvero si vuole (avere, diventare) è la chiave per ottenerlo. Molto spesso viviamo le volontà che gli altri proiettano su di noi, le aspettative dei nostri genitori, della società, degli amici più importanti ci condizionano e possono ingannarci, facendoci credere di desiderare ciò che in realtà è un sogno altrui.

Quando impari a distinguere, quando trovi il modo di sentire senza possibilità di dubbio ciò che TU vuoi, allora troverai anche il modo di farlo accadere.

Come hai già capito, questa non è certo una semplice tecnica che faccia parte del tuo allenamento mentale per avere successo, ti sto invece parlando di atteggiamento, di attitudine, del modo in cui affronti le sfide della tua vita e di come per te lo sport ne è una metafora incredibilmente preziosa per farne un grande percorso di crescita e miglioramento.

Mi auguro di essere riuscito a farti capire l’importanza del vero desiderare e di aver risvegliato in te la stessa fantasia, passione e volontà che avevi da bambino, magari proprio quel giorno in cui hai deciso che saresti diventato un giocatore. È così che devi continuare a sentirti se vuoi che si scateni dentro di te la forza che ti porta a migliorare e raggiugnere il tuo massimo!

Se hai domande su ciò che hai letto in questi tre articoli dedicati al mondo del Coaching puoi scrivermi oppure lasciarmi un commento qui sotto.

In bocca al lupo per un grande e vincente futuro!

Come “accendere la luce” con l’allenamento mentale

Tutti gli atleti professionisti, ma anche molti amatori che praticano con regolarità un’attività sportiva, sanno che esiste una particolare condizione emotiva e mentale caratterizzata da uno straordinario senso di benessere, sicurezza in se stessi, forza fisica e fiducia nelle proprie capacità.

Alcuni testi definiscono questa condizione con il termine flow, che rende l’idea di un qualcosa che scorre naturalmente, senza bisogno di sforzi particolari affinché ciò che desideriamo accada, come se si fosse trasportati e guidati verso l’obiettivo che si vuole conseguire.

Allenare la menta al successoA seconda delle condizioni fisiche, dell’abitudine all’allenamento e di una predisposizione mentale, si vivono momenti di flow più o meno frequentemente ed essi hanno una durata più o meno estesa.

Naturalmente, per un atleta sarebbe estremamente utile riuscire a raggiungere in controllo e in piena volontà tale condizione, perché da essa deriva una serie di benefici tecnici e atletici che possono fare la differenza tra una prestazione accettabile e una eccezionale.

Dopo aver affrontato nel precedente articolo il tema della motivazione, quindi, in questa pubblicazione ci occupiamo di analizzare le strategie mentali che l’atleta può mettere in atto per accendere la luce e migliorare le proprie performance quando è impegnato nella pratica sportiva.

Come accedere al tuo massimo potenziale

E’ ovvio che non c’è casualità in una performance sportiva eccezionale: contrariamente a quanto si è pensato per anni, le ottime prestazioni non accadono da sé, come se fossero distribuite da una mano invisibile e misteriosa agli atleti più meritevoli, ma sono un preciso concorrere di più elementi che provengono dalla sfera fisica, emotiva e mentale dell’atleta.

Detto in altri termini, è possibile allenare la tua capacità di eccellere nello sport che pratichi e naturalmente il rugby non fa eccezione.
Lasciando da parte la preparazione fisica, che non mi compete, dal punto di vista mentale devi abituare il tuo cervello a capire ciò di cui hai bisogno quando sei in campo, così che sia condizionato ad aiutarti a raggiungere il tuo stato mentale ottimale.
Naturalmente, per riuscirci, puoi sfruttare gli allenamenti. Ti propongo quindi una tecnica molto efficace, tra le diverse che insegno nei miei percorsi di coaching sportivo, che ti invito a mettere in pratica fin da subito.
Prima di scendere in campo, trova un momento per restare solo senza essere disturbato per alcuni minuti. Segui questi passi:

  • Chiudi gli occhi e se conosci una tecnica per rilassarti utilizzala, oppure respira semplicemente in modo naturale e profondo per qualche istante.
  • Visualizza il film del ricordo di una tua prestazione straordinaria. Parti dall’inizio e vedi te stesso mentre scendi in campo: nota come ti muovi, come usi il corpo, qual è l’espressione del tuo viso, come respiri. Osservati da più angolazioni prestando attenzione quanto stai bene e come è evidente che sei al meglio della forma. Goditi tutto il film della tua prestazione nei suoi momenti salienti: soffermati sui frangenti di gioco dove hai fatto qualcosa di speciale, riguarda ogni azione che ti ha visto vincente e protagonista, rivedi il film fino a quando lasci il campo soddisfatto e orgoglioso.
  • Ora, torna con la mente all’inizio del tuo ricordo e ricomincia a visualizzarlo, questa volta associandoti alla scena, cioè vedendola con i tuoi occhi, proprio come l’hai vissuta. Ricrea anche i suoni e i rumori che hai sentito, nota la sensazione dell’abbigliamento che hai addosso, del terreno sotto i tuoi piedi, dell’aria sulla faccia. Ascolta le voci dei tuoi compagni di squadra e del tuo allenatore mentre si complimentano con te e ti incoraggiano. Di nuovo, soffermati sulle immagini più rappresentative della tua grande prestazione, goditele ancora una volta mentre ti concentri sulle piacevoli sensazioni che questo ti regala.
  • Quando arrivi alla fine del film del tuo ricordo, cerca il punto del tuo corpo dove hai le sensazioni migliori e immagina che da lì parta un’onda di sicurezza, forza, determinazione e coraggio che raggiunge ogni cellula, rinforzandola, nutrendola e caricandola della tua energia migliore.
  • Puoi restare in questo stato magico tutto il tempo che vuoi e godertelo! Quando sei pronto respira ancora una volta profondamente e riapri gli occhi.

Un allenamento quotidiano ti permetterà, tramite questa tecnica, di generare in te le migliori sensazioni possibili e portarle in campo. Puoi cambiare ricordo di tanto in tanto se ne hai diversi in cui hai giocato alla grande, oppure utilizzare sempre lo stesso film impegnandoti ogni volta ad aggiungere dettagli sempre più precisi e motivanti.

Questa è una delle strategie che un atleta può utilizzare per anticipare la condizione mentale che vuole raggiungere e crearla a seconda della propria volontà, senza così dover sperare che accada spontaneamente. Quando la padroneggi, allora sei certo che la tua prestazione non sarà influenzata da fattori esterni che non puoi controllare, ma la sua efficacia sarà sotto il tuo totale controllo.

Allenati a metterla in pratica e a migliorarla, considerando le mie indicazioni come una traccia su cui lavorare mentre trovi il tuo modo per raggiungere la miglior condizione mentale possibile, che ti apra le porte a una prestazione memorabile. Potrai usarla nella successiva visualizzazione, creando così un loop che ti permetterà di crescere e migliorare costantemente, oltre a dare affidabilità e costanza al tuo livello di performance durante tutta la stagione.

Concludendo

Nel prossimo articolo parleremo in senso più generale dell’attitudine dell’atleta di successo e dei pilastri della mentalità che deve curare e fare crescere per diventare sempre più forte.

I Pilastri della Motivazione nello Sport

rocky-in-cima-alle-scaleIl mondo dello sport ha riconosciuto da anni il ruolo della motivazione nel determinare la qualità di una performance in allenamento e in gara. Il concetto di motivazione è ampio, essendo ciò che spinge le persone a fare ciò che fanno: uno studente ha bisogno di essere motivato per preparare al meglio un esame, un lavoratore ha motivazioni che lo portano a recarsi sul luogo di lavoro ogni mattina, uno scrittore produce i suoi testi mosso da una forza interiore che lo motiva a farlo e così via. Un atleta dà il massimo di sé quando è pienamente motivato, altrimenti esprimerà solamente in parte il suo valore.

E’ chiaro quindi che non tutti i tipi di motivazione sono uguali: ne esistono di diversi, hanno ruoli differenti all’interno della nostra mente e non sono efficaci sempre nella stessa misura, ma la loro capacità di influenzare i nostri comportamenti dipende anche dal contenuto e dalla persona su cui agiscono. Inoltre, la motivazione di un atleta varia secondo diversi fattori esterni: la fase delle stagione sportiva in cui si trova, le condizioni ambientali, gli obiettivi della squadra, la comunicazione dell’allenatore, lo stato di forma sono tra i principali.

Per prima cosa va chiarito un punto: il termine motivazione deriva da motus, cioè ha a che fare con il muoversi, inteso come attivarsi per generare un cambiamento. Ne ho parlato più diffusamente in questo mio articolo dove tra l’altro sottolineo anche le differenze tra l’essere un allenatore mentale e un motivatore e che ti invito a leggere per approfondire.

La domanda quindi diventa: che cosa, precisamente, muove un atleta ad allenarsi duramente, scendere in campo e dare il meglio di sé?

E che cosa accade, invece, quando lo stesso sente una mancanza di ragioni per comportarsi come un atleta al top?

Attraverso i prossimi punti chiave vedremo insieme che cosa genera questa sostanziale differenza.

La motivazione è legata agli obiettivi

Ogni volta in cui inizio un percorso di sport coaching con un atleta, a prescindere dalla disciplina che pratica, dedichiamo le prime ore del nostro lavoro insieme a due tematiche fondamentali: la formulazione di obiettivi validi e la scoperta delle motivazioni che li sorreggono.

Le motivazioni sono come gli appigli su una parete di arrampicata: più ne vedi e ne hai a disposizione, più facile sarà raggiungere la vetta, avendo anche la possibilità di scegliere la via da seguire che preferisci o che più si adatta alle tue caratteristiche.

Il punto chiave di questa impostazione è: ogni obiettivo è sorretto da motivazioni differenti. Quindi, se vuoi essere un giocatore più motivato, prima di tutto devi sapere come e quando lavorare correttamente sui tuoi obiettivi.

Questi devono essere estremamente chiari, precisi e specifici, rivolti a che cosa vuoi che accada piuttosto che a “ciò che stai cercando di evitare”, il più possibile sotto il tuo controllo, con una data di scadenza determinata e sufficientemente credibili per le tue attuali o potenziali capacità.

Nessuno può motivarti se prima di tutto tu non sai che cosa desideri che accada e perché lo vuoi.

Spesso, gli atleti con cui lavoro che riconoscono di non sentirsi particolarmente motivati e quando chiedo loro qual è l’obiettivo, le risposte suonano come “voglio migliorarmi” oppure “voglio salire di categoria” oppure ancora “voglio giocare una grande stagione”. Sono tutti concetti validi e ottime basi di partenza, ma non sono veri obiettivi.

E se non c’è un vero obiettivo, non ci può essere vera motivazione. Lavora pertanto come prima cosa sull’obiettivo e poi analizza nel dettaglio, per motivarti, tutti i perché che ti spingono a perseguirlo e i benefici che derivano dalla sua piena realizzazione.

La motivazione va continuamente nutrita (accetta il cambiamento)

Una volta che hai chiaro i tuoi cosa voglio e i relativi perché lo voglio, hai iniziato con il piede giusto, ma non basterà. Un obiettivo ben motivato è come una piantina che deve crescere: se non la nutri, non maturerà. Devi curare la tua motivazione se non giorno dopo giorno almeno settimanalmente, applicandoti in un lavoro razionale di analisi e discussione di tutto ciò che ti fa sentire che stai correndo per la giusta causa. Valuta e aggiusta continuamente. Nutrilo e curalo.

Accetta il cambiamento: tu cambi, il mondo attorno a te cambia, le persone anche. La stagione sportiva può essere sopra o sotto le aspettative, può allinearsi agli obiettivi di team, ma in ogni caso anch’essa vivrà momenti di cambiamento. Adatta i tuoi obiettivi al contesto e resta motivato!

La motivazione deve essere “auto motivazione”, non generata dall’esterno

E’ possibile che qualcuno riesca a motivarti? Probabilmente sì. Esistono tecniche da apprendere, storie da ascoltare, modalità comunicative che riescono in effetti a smuovere dentro chi le ascolta le leve giuste per generare un cambiamento. Questo tipo di motivazione arriva dall’esterno verso di te, in un certo senso la subisci. Funziona, perché ti aiuta, ti dà uno spazio in cui trovare nuove soluzioni. Ma spesso, quando lasci che sia qualcuno a motivarti, quando la causa esterna svanisce si porta via anche parte della tua motivazione.

Il modo migliore per essere motivato è trovare una tua strategia di pensiero in grado di muovere quelle leve dall’interno. Tutti noi abbiamo regole e valori stabiliti con noi stessi che non sopportiamo di infrangere, perché farlo ci pone in una condizione di fastidio e di disistima. Puoi sfruttare questo fatto per automotivarti, stipulando patti con te stesso e lanciandoti sfide che ti danno un’enorme soddisfazione quando portate a termine con successo.

Se sei un atleta ti riuscirà ancora più facile, perché hai già un ampio campo di applicazione: perché non sfidi te stesso nell’essere il migliore, per tutto il prossimo mese, nei tuoi allenamenti? Oppure, perché non scommetti con te stesso che riuscirai ad allenarti in palestra aumentando i carichi di una quota stabilita entro una certa data?

Il modo migliore per motivarsi è mettersi alla prova: funziona con maggior intensità rispetto a quando è qualcuno al di fuori di te a darti stimoli per migliorarti.

La motivazione “sul dolore” è efficace a breve termine, ma non è la più adatta per obiettivi a lunga scadenza

Generalmente, un atleta ragiona in termini di carriera o, al limite, di stagione sportiva. E’ improbabile che un obiettivo nel mondo dello sport sia a brevissimo termine, anzi spesso è dannoso valutare la prestazione singola. Esistono due leve in grado di motivare le persone, due grandi forze che ci spingono ad agire: il piacere e il dolore. Pensa a quando ti alleni e decidi di farlo al massimo: puoi prendere questa decisione perché ti piace la sensazione di avere dato tutto che provi quando torni a casa dopo una sessione particolarmente intensa, oppure puoi decidere di farlo perché hai notato che tutti i tuoi compagni nel team si stanno allenando durissimo e, se non lo fai anche tu, potresti perdere occasioni di scendere in campo.

In entrambi i casi ti allenerai al massimo, ma nel primo lo farai mosso dal piacere, nel secondo dal dolore.

E’ provato che una leva sul dolore è più efficace nel breve periodo. Se devi decidere se andare ad allenarti oggi oppure saltare la sessione, ti conviene elencare tutto ciò che di negativo accadrà se non ci vai. Vedrai che pensando a tutti gli svantaggi che ti porta perdere un allenamento ti verrà voglia di parteciparvi.

Ma se devi decidere, magari a fine carriera, di prolungare o meno di un paio d’anni la tua attività agonistica, è molto più efficace focalizzarti sui vantaggi che avrai sul lungo periodo (per esempio un corpo più sano e sotto controllo, la possibilità di goderti la compagnia degli altri giocatori ancora un po’, tornare a giocare in quello stadio che ti piace, ulteriori guadagni e così via). Se prendi quella decisione motivato dal solo dolore, è molto probabile che poco tempo dopo perderai motivazione (pensaci: è ciò che accade a chi si iscrive in palestra perché si vede fuori forma – leva sul dolore – e dopo un mese smette di andarci perché non percepisce il piacere che deriva dall’allenarsi sistematicamente su lunga scadenza – mancanza di leva sul piacere sul lungo periodo).

Quindi è importante sapere, che tu sia l’atleta o l’allenatore, quale leva usare per motivare in funzione del contesto.

Concludendo

In questo articolo dedicato a un ambito così importante del coaching sportivo ho voluto approfondire alcune tematiche sul concetto di motivazione e sul come creare e mantenere in te la voglia di agire per migliorarti.

Se hai domande o vuoi approfondire puoi lasciare in commento o contattarmi e con piacere ti risponderò il prima possibile.

Nel prossimo articolo parleremo di crescita personale e di come puoi accendere la luce nella tua mente per diventare ogni giorno migliore del giorno prima.

IL CERVELLO, IL TUO "MUSCOLO" MIGLIORE

Rugby BrainIn quasi 15 anni di attività non ho notato grandi progressi, nel rugby come in altri sport, sullo studio relativo al miglioramento delle capacità mentali nelle prestazioni sportive.
Anzi quel che spesso noto, ancora adesso, nell’ambiente, tra i giocatori, è ancora un atteggiamento di prevenzione, con quasi il timore di essere giudicati dei deboli o peggio dei malati nel caso in cui si iniziasse un percorso di allenamento mentale.

Non so da dove derivi un tale atteggiamento di rifiuto. Retaggi culturali, paura di essere derisi o peggio compatiti non so. Anche i club non sono da meno nel non affrontare o nell’affrontare empiricamente questa materia.. I motivi di rifiuto possono essere gli stessi dei giocatori, od anche motivazioni di risparmio economico.
Eppure io credo fortemente, ma ritengo sia un dato oggettivo, che a parità di atleta, una decisa consapevolezza mentale e la giusta concentrazione e focalizzazione sulle cose può far fare più di uno step nella prestazione di un giocatore.

Noi agenti abbiamo a volte la presunzione di motivare i giocatori con citazioni, frasi a effetto, incoraggiamenti, sperando di tirare fuori dai ragazzi una determinazione che possa portare ad una prestazione vincente. Lo faccio anch’io a volte, lo ammetto.
Sì a volte un discorsetto fatto bene può aiutare, ma razionalmente l’effetto può arrivare se il giocatore è già abbastanza motivato e convinto. Io almeno sono arrivato a questa riflessione.
Il tentativo di trasmettere forza può meglio riuscire a chi ha giocato, a chi conosce meglio le dinamiche del campo, ma a ben vedere anche questo è opinabile, altrimenti gran parte degli allenatori sarebbero anche degli ottimi motivatori, e non si può dire che sia sempre così.

Il rugby non è uno sport professionistico, perlomeno in Italia, ma deve essere praticato in modo professionale, e un atteggiamento professionale non può prescindere dall’allenare la mente al gesto atletico.

La storia è piena di esempi di persone normali, giocatori normali, che a un certo punto della loro vita hanno preso in mano le redini del proprio destino e con determinazione e volontà hanno cambiato il corso della propria carriera.

Mi raccontava una volta un noto personaggio del rugby, che, a un certo punto della sua vita da giocatore, il fatto di essere un giocatore normale, e vedere altri sopravanzarlo l’aveva portato ad una considerazione. Il suo bivio consisteva se continuare in quel modo o dare una svolta a quello che stava facendo, con evidente scarsa soddisfazione. In lui si accese la scintilla, la voglia di arrivare a giocare in Nazionale, e quella molla, insieme a tanto, tanto lavoro, lo portò a costruire la carriera che desiderava, Nazionale, Coppa del Mondo, Sei Nazioni.

C’è un interruttore dentro di noi, una molla che può cambiare il nostro destino in meglio. C’è chi lo trova da solo, c’è chi vaga per la stanza buia alla sua ricerca e c’è chi si accorge che nella stanza c’è qualcun altro che può sapere dove sta l’interruttore e a cui si può chiedere di accendere la luce.

Ma prima di tutto occorre la volontà di accendere la luce. Stare al buio, dicendo che è colpa degli altri se le cose non vanno non aiuta a cambiare, a migliorare.

Il cambiamento è alla portata di tutti, basta volerlo. Volere è potere è un detto che non passa mai di moda.

Marco Martello

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi