Sono passati poco più di due anni da quando il Rugby Lumezzane ha detto addio alla Serie A, una ragione sofferta ma motivata da ragioni non certo economiche. In quella Valgobbia che negli anni ’80 era considerata la “valle dell’oro”, anche quando spendono lo fanno con la consapevolezza di poterlo fare, ma i problemi erano ben altri, di infrastrutture, in un territorio che ha sfruttato ogni singolo metro, strappandolo alla montagna, per creare un’officina sopra l’altra, a mancare sono infatti i campi da gioco. Ecco dunque, come un fulmine a ciel sereno l’epilogo di una trattativa e di un braccio di ferro durata anni.
Fu lo stesso presidente Ottorino Bugatti – il patron più longevo del rugby italiano –, a maggio 2016, ad ufficializzare quella voce. Il Lumezzane, club del Bresciano nordoccidentale, con un apparato dirigenziale di imprenditori di “economia reale”, di quelli che gli investimenti li fanno per primi, decide di rinunciare alla serie A dopo due stagioni per ripartire dalla C. Ci dev’essere un motivo serio per aver imboccato questa strada in salita. Tutti pensano ai soldi, quelli che prima o poi finiscono, dicevano. Ma la ragione non era quella e la spiegò senza fronzoli lo stesso Bugatti. E di lui che i patti li ha rispettati sempre è difficile dubitare.
«Il presidente sapeva che c’era bisogno di consolidare i tanti sforzi positivi fatti nei 52 anni di storia precedenti – ci spiega Luca Raza, da due stagioni GM del club, al termine di una carriera da giocatore che, per scelta, fu sempre e solo rossoblu -, ma, al contempo, erano necessarie forze nuove che dessero ulteriore sostanza ad un progetto che non poteva più aggirare l’ostacolo principale, il nodo da sempre irrisolto». Lumezzane è terra di industrie, ma non solo. È una lingua di asfalto stretta tra le montagne, dove costruire non è cosa da tutti. A ciò va aggiunto l’eterno tira e molla con le amministrazioni comunali, oltre ad una scomoda e ingenerosa condizione da figlio di un Dio minoreche il club rossoblu è sempre stato costretto a vivere nei confronti della formazione calcistica del paese (club recentemente retrocesso tra i dilettanti dopo oltre 20 anni tra i professionisti ndr). Tante parole che raccontano di una società da sempre nomade, costretta a svolgere la propria attività su più campi, condivisi con altre squadre e altri sport.
Ma cosa è successo in questi due anni, una sorta di piccola rivoluzione? «Il Rugby Lumezzane ha rafforzato sé stesso dall’interno – continua Raza -, ampliando il consiglio direttivo con altre cinque figure, che hanno contribuito a scrivere un progetto nuovo, che partisse dall’identificazione di una soluzione per le strutture sportive». Proprio in questi giorni, i commissari stanno analizzando il progetto consegnato dal Rugby Lumezzane per il rifacimento di due campi, di cui uno ad uso esclusivo, e la riqualificazione di un edificio ad esso contiguo che dovrebbe diventare la casa del Rugby Lumezzane, ma anche ristorante, centro fisioterapico, tra gli altri. Una soluzione fuori dai confini del comune di casa, ma poco distante, a Villa Carcina. «Dispiace, ma lì abbiamo trovato interlocutori che hanno creduto in noi, e nell’ambito di un impianto sportivo di straordinaria bellezza – continua Raza -. Sarà un investimento da oltre 2 milioni di euro, ma siamo pronti al sacrificio per dare un futuro al club che lì godrà di una posizione centrale in un bacino, quello della Valtrompia, di oltre 120mila persone».
La parola d’ordine per Lumezzane è dunque ampliare la base. «Negli ultimi due anni abbiamo moltiplicato sforzi e competenze sul settore giovanile – continua il giovane manager –. Abbiamo tutte le Under complete per la prima volta nella nostra storia, formazioni Juniores di qualità che si giocano posizioni di vertice. Questo è il nostro zenith». E poi il lavoro nelle scuole, «che nell’anno scolastico in chiusura abbatterà il muro delle 1500 ore di intervento su oltre 60 plessi, dalle scuole dell’infanzia sino agli istituti superiori. Un impegno enorme, ma fondamentale per alfabetizzare i più giovani sulla disciplina e per farci conoscere». Il Rugby Lumezzane – finalmente verrebbe da dire da quanti come noi sono vicini al club da anni – non si accontenta più del mordi e fuggi, «e questa è una politica che abbiamo adottato anche nel mercato per la prima squadra, risalita in B al primo tentativo e che ha chiuso il suo primo anno da matricola immediatamente dietro le squadre che avevano dichiaratamente ambizioni di salita in A».
Negli anni si è parlato di Lumezzane come un club ricco, quasi leggendario nelle voci da spogliatoio, spesso ingigantite dall’abitudine ovale all’iperbole e da una sorta di verve narrativa che accumuna talvolta pescatori e virtuosi della palla ovale. Di certo c’è che qualcosa comunque sta cambiando, quantomeno in termini di programmazione e di costruzione di un’identità di squadra che forse era mancante. Questo quantomeno dall’identikit del giocatore ricercato dal club rossoblu «è di giovane età, con desiderio di vivere e condividere un’esperienza sportiva, non solo di giocare a rugby – ci svela Raza -. Per questo, oltre ai rimborsi chilometrici, per chi fosse interessato e ne avesse le qualifiche e le caratteristiche, offriamo di collaborare con il nostro Progetto Scuola o negli staff delle nostre giovanili. Oppure, attraverso le aziende nostre partner, possiamo offrire un lavoro che accompagni il giocatore a costruirsi radici vere. Troppi giocatori sono passati da Lumezzane, lasciando poco. Qui cerchiamo persone, prima di tutto, e le trattiamo come tali». Una nuova primavera del club, che cambierà addirittura logo e nome, con tanta voglia di creare e quella concretezza tutta lumezzanese che vuole l’etica del lavoro come qualcosa di sacro. Sul campo in primis, ma anche nella vita delle persone. Spazio dunque alle realtà imprenditoriali del territorio per dare ai ragazzi non la promessa di un “professionismo straccione”, ma una solidità per il futuro.
«Abbiamo voluto strutturare uno staff tecnico con un modello anomalo per il rugby italiano, ma che crediamo possa davvero fare crescere i nostri giocatori – ci racconta poi Raza –. Una struttura che ora vediamo replicarsi in altre realtà: significa che c’è del buono e ne eravamo certi. Diamo vita a progetti innovativi, come il Progetto Motoria, redatto con i nostri collaboratori, dottori in Scienze Motorie, e rivolti ai nostri tesserati più giovani per colmare le sempre più gravi lacune evidenziate negli anni dello sviluppo psicofisico».
Solide basi, molti progetti e una rinnovata identità di club da costruire, a partire da una casa tutta nuova nel cuore della Valtrompia, dunque. «C’è prospettiva di crescita a Lumezzane, ma solo se si vuole lavorare. Del resto, il rugby è principalmente questo, no?».