È meglio prendere tre punti rischiando poco, permettendo alla tua squadra di riprendere le forze, o puntare al bersaglio grosso della meta (magari trasformata) rischiando però di gettare tutto alle ortiche?
Detta così, la scelta sembrerebbe naturale, logica. Eppure….
Eppure non è così, e la scelta non è mai scontata. Si passa dai fondamentalisti dei 3 punti agli avanguardisti della ricerca della meta, sempre e comunque.
Per non parlare poi del senno di poi, di quelli che “eh, se avessero piazzato avrebbero vinto!”, o delle infinite discussioni “ma chi l’ha deciso?! L’ho sentito io urlare dalla tribuna!”.
Casistica? Ampissima. Una su tutte, Italia-Tonga dei test match autunnali, con gli azzurri criticati per aver cercato di dimostrare una superiorità poi svanita nel secondo tempo. Ma si potrebbe citare anche il pareggio/non vittoria di Rovigo-San Dona’ nell’attuale campionato di Eccellenza, tutt’ora dibattuto nei bar attorno a Piazza Vittorio Emanuele.
Proviamo a darci una regola: davanti ai pali si piazza, sempre. Oddio, mica sempre…
Al largo si va in touche. Ma il tallonatore ha tirato una pizza all’ultima rimessa…
Come si può capire, un risposta non c’è, e ci saranno altri infiniti casi in cui una vittoria sfumerà per quella che sarà definita presunzione, oppure arriverà grazie a un osannato atto di coraggio (alzi la mano chi non è saltato in piedi per il Giappone ai mondiali).
Anche questo è rugby.
Marco Martello