Reduce da un sabato di sberle ovali e prima di tuffarmi nella sfida di domenica tra Azzurri e Bianchi di calcio storico, butto giù due riflessioni sul pessimo momento storico del rugby nazionale.
Tralascio la brutta, bruttissima sconfitta dell’Italia contro la Scozia, che certifica come ormai nella Nazionale, salvo pochi giocatori di livello internazionale (meno di 5), il resto sia espressione di un movimento involuto, lanciato alla deriva da una pianificazione incapace di riconoscere i propri errori e le proprie responsabilità.
Tralascio il Seven, senza un campionato (una delle cose da fare subito), con l’idea di un’accademia che parte zoppa e in ritardo, con l’illusione di creare risultati da tornei minori, ma che poi si schiantano al confronto contro le nazionali “olimpiche”.
Ma la tristezza mi ha colpito con gli Emergenti. 15 giocatori che cercavano da soli di risolvere una partita più che abbordabile, alcuni di questi con l’idea di farsi una vacanza e non un torneo internazionale, altri che disonorano la maglia azzurra con personalismi isterici che fanno male al collettivo.
Cosa dovrebbe essere la nazionale Emergenti? I migliori giocatori da una certa annata in poi? Ma perché castrarsi così? Perché non giocano i migliori sempre? Perché non tornare a una Nazionale A, che sia di reale supporto al blocco della maggiore?
Dove sono alcuni dei migliori dell’Eccellenza di quest’anno? Perché buttare via un’intera (buona) generazione, quella del 92/93.
Domande, domande, domande. In attesa delle risposte il ranking peggiora, e la bussola è impazzita.
Il Martello
(foto sito Federazione Italiana Rugby)