‘Volevamo far crescere la cultura rugbistica nel nostro club, offrendo ai nostri giovani atleti ed allenatori esempi di grande cultura ovale che venissero da realtà ovali più evolute rispetto alla nostra. Così pensammo all’Irlanda…’. Ripercorrendo quell’idea, un progetto al tempo in stato embrionale, un genuino sorriso si disegna sul volto di Massimo Rizzi. Stagione 2011. La Leonorso Rugby Udine, allora presieduta proprio da Rizzi, sente la necessità di affacciarsi alla vetrina internazionale.
Le conoscenze, il cuore, il destino, portano all’Irlanda. ‘Grazie a un amico, avevamo un contatto con la federazione irlandese e una volta spiegato il nostro progetto ci trovammo davanti a un bivio: scegliere un tecnico già formato, ex giocatore, oppure un giovane promettente. A noi serviva un allenatore che svolgesse anche i compiti di Director of Rugby e considerato i tanti giovani che vivevano la nostra società, decidemmo per la seconda opzione. Sulla lista c’era il nome di Ian…’.
Ian McKinley, mediano d’apertura poco più che ventenne. Nazionale irlandese under 20, cresciuto nel Leinster e fermato nel suo percorso di crescita sportiva da un incidente di gioco tremendo e inaspettato. ‘Lo descrissero come un giovane di grande prospettiva, nei confronti del quale la federazione irlandese riponeva grandi aspettative in qualità di coach, nonostante i soli 21 anni’.
Massimo e Ian non si erano ancora incontrati. E nessuno al tempo poteva immaginare che il rapporto tra il giovane ragazzo di Dublino e il presidente della società friulana avrebbe aiutato a scrivere una delle storie più incredibili del rugby moderno.
‘Alla fine scegliemmo proprio Ian – continua a ricordare Rizzi, che da un paio d’anni si è staccato dalla realtà udinese -, lo invitammo in Italia per conoscerlo e spiegargli il progetto. Volevamo che rimanesse tre anni, in modo da programmare e costruire insieme’.
McKinley atterra così in Italia. Abbattuto dall’infortunio, ma non sconfitto. Deciso a non terminare il suo rapporto con la palla ovale. La famiglia della Leonorso, il presidente Rizzi, il giovane nucleo friulano fanno la loro parte. ‘Sapevamo che stava attraversando un periodo difficile, abbiamo cercato di supportarlo sin dall’inizio. Accanto ha sempre avuto una donna fantastica, una famiglia magnifica e anche l’impatto con la nostra realtà è stato molto caloroso. Ian ha trovato un ambiente familiare, con Educatori e giocatori coetanei e una società giovane con tanta voglia di imparare. Io e mia moglie poi l’abbiamo seguito come un figlio’.
Il giovane ragazzo irlandese inizia così il lavoro da coordinatore con la Leonorso, intensificando il rapporto con gli Educatori giovanili e, nel frattempo, accelerando anche l’apprendimento dell’italiano. A settembre del 2012, grazie al team di Serie C, inizia ad allenarsi ‘per divertimento e per recuperare il gusto di rapportarsi con il pallone – ricorda Rizzi -. Ha sempre pensato e sperato di poter ricominciare a giocare se avesse risolto il problema all’occhio’.
Ad affiancarlo in questo percorso, il fratello, infaticabile nella ricerca di una soluzione che potesse regalare a Ian un nuovo sogno ovale, proteggendolo al tempo stesso dai rischi dei contatti di gioco. ‘Il fratello di Ian gli è sempre stato accanto, alimentando giorno dopo giorno il suo sogno di tornare in campo’, spiega Rizzi.
La ricerca dei fratelli McKinley regala a Ian una speranza con i google glass. Esami, test, prove sul campo convincono World Rugby. Ma non l’Irlanda. Così il mediano riparte da Udine. E’ il 2013. ‘All’inizio non era convinto perché sapeva che la sua famiglia era preoccupata, poi però…’. Poi però il sipario di rialza. La confidenza cresce. Voglia e passione, mai mancate, dominano lo spirito del tre quarti britannico, deciso a giocarsi la sua chance.
‘Mi chiese se potevamo aiutarlo a trovare un team in una categoria più alta e, nel caso, lasciarlo andare a fine stagione. Ci credeva. Bussò alla sua porta il Viadana, società per la quale Ian avrebbe anche giocato gratis, pur di avere un’opportunità. E Viadana accettò la scommessa’.
Il resto è storia nota. L’Eccellenza, il Pro 14 con Zebre prima e Treviso poi. La chiamata in Nazionale. Il debutto. Le emozioni di un ragazzo che sembrava aver perso tutto e invece, con cuore e tenacia, si è regalato una seconda opportunità.
‘Ero certo che un giorno avrebbe vestito la maglia della Nazionale – si emoziona Rizzi -. Ian si sente molto più italiano che irlandese e spero che in futuro possa rimanere nel mondo del rugby italiano’.
Per Massimo, il cuore batte più forte nel pensare alla sua famiglia italo-irlandese.
‘Mio figlio Antonio in questo periodo si allena come permit player alla Benetton. E’ una gioia e un grande sogno pensare che mio figlio italiano e il suo fratello irlandese possano diventare un giorno compagni di squadra’.
(foto profilo Facebook Ian McKinley)
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