‘Una luce splendente in un team perdente’. E’ dipinto così, Sergio Parisse, dalla stampa inglese, che tuttavia applaude il capitano azzurro raccontandone tutta la sua ‘grandezza’. In un’intervista a BBC 5 live il capitano azzurro torna sui momenti cruciali degli ultimi mesi, durante i quali avrebbe potuto salutare il rugby internazionale se non fosse stato per la sua grande professionalità e per Conor O’Shea.
‘Gli ultimi due anni con Brunel sono stati difficili – così il 33ene, al principio del suo 14° Sei Nazioni – e stavo seriamente pensando di interrompere la mia carriera internazionale. Avrei potuto lasciare la Nazionale e andarmene in Giappone con un buon contratto. Ma sono della vecchia scuola. Per me è importante indossare una maglietta e rappresentare qualcosa. Indossare la divisa azzurra è un grande onore e nonostante 120 caps, ogni volta provo la stessa emozione di quando avevo 18 anni. Poi ho incontrato Conor O’Shea che mi ha regalato un’altra visione del futuro. Abbiamo parlato e condiviso idee, lui si è unito a noi con molta energia e con la voglia di essere un Director of Rugby, non solo un allenatore’.
Parisse, attualmente, è secondo solo a Brian O’Driscoll per numero di partite giocate con la Nazionale e minuti accumulati; record che diventerà suo al termine del Sei Nazioni, quando non ci sarà giocatore alcuno ad aver guidato in più partite la propria Nazionale.
La nota stonata però la regalano i numeri: Parisse, nelle 55 partite giocate nel Sei Nazioni, ha vinto solo 9 gare, il 17%.
Il punto tracciato con la BBC gli ha permesso inoltre di guardare al futuro.
‘Mi piacerebbe diventare coach o manager. L’Italia è la mia responsabilità quotidiana in qualità di capitano, ma potrebbe esserlo anche alla fine della mia carriera agonistica’.