Rugby e Comunicazione. Palla in mano a Paolo Wilhelm: ‘La passione alla base di tutto. Ma se mancano i soldi…’

Per il secondo appuntamento della rubrica Rugby e Comunicazione passiamo la palla a Paolo Wilhelm, ideatore de Il Grillotalpa, unitosi poi alla famiglia di OnRugby e tornato da alcuni mesi al primo amore ovale.

Negli anni anche Paolo ha contribuito a gettare le fondamenta di una comunicazione ovale che oggi viaggia on line e rimbalza con costanza negli ambienti rugbistici italiani.

Paolo, dopo aver avviato il progetto OnRugby è tornato alla sua prima ‘creatura’, Il Grillotalpa. Perché?
‘Di base per una certa stanchezza. Nell’intervista a Duccio Fumero si sottolineava l’enorme quantità di tempo che un sito/blog che fa informazione prende alle persone che ci lavoravano. Non stacchi veramente mai. Io ero stufo: per fortuna e purtroppo il rugby non è mai stata la ‘voce’ che mi fa pagare le bollette, è una passione che c’è tuttora ma che ho deciso di limitare: ho una famiglia, ho anche altri interessi. Di qui la scelta di mettere fine alla mia esperienza con OnRugby, che è stata comunque davvero bella. E poi le cose finiscono, prima o poi’.
Quale era l’idea alla base del Grillotalpa e quale invece l’ha spinta ad unirsi ad OnRugby?

‘Il Grillotalpa mi è esploso letteralmente tra le mani, ha avuto un grosso successo in pochissimo tempo, ne rimasi davvero sorpreso. La proposta di entrare in OnRugby mi è arrivata nel giro di qualche mese, era un qualcosa che in Italia ancora non esisteva, impossibile dire di no. E poi le idee di base non erano poi così diverse. Un portale è magari un po’ più impersonale, inevitabilmente, ma lo avevo ben chiaro fin dal primo minuto’.
Lei lavora anche in radio, quindi vado diretto. Oggi in Italia si campa di giornalismo?

‘La radio è il mio lavoro vero. Come dicevo prima, quello che mi fa pagare le bollette. Se si campa di giornalismo? Io sono fortunato, la mia generazione (ho 45 anni) è stata probabilmente l’ultima ad avere la possibilità di arrivare e ottenere un contratto articolo 1 – l’assunzione a tempo indeterminato – con una certa facilità. Oggi è davvero complicato, quasi impossibile e tutto è visto al ribasso. Tra 15-20 anni temo che andrà ancora peggio’.
Cosa manca al giornalismo rugbistico italiano per raggiungere un degno livello di professionalità?
Soldi, direi solo quello. Un “solo” tra mille virgolette. Passione e professionalità non mancano (un nome su tutti: Norberto Cacho Matrocola, fa un lavoro ENORME), ma alla fine l’attenzione vera su questo sport si accende solo durante il Sei Nazioni, in parte nei test-match di novembre, il resto è roba per appassionati e zoccolo duro. Attirare sponsorizzazioni anche per i media è complicato. Lo potrebbero fare forse i grandi quotidiani, che però hanno interesse nullo per l’Eccellenza o le coppe europee. Non aiuta il fatto che le squadre italiane vincano pochissimo, anzi: avere risultati sul campo è una conditio sine qua non, basta poco per attirare l’attenzione di chi segue distrattamente il rugby. E numeri più alti, attenzione maggiore si traduce in più soldi da pubblicità e sponsor anche sui siti.
Ma il problema non riguarda solo l’on-line, basta pensare al cartaceo: i quotidiani si interessano pochissimo di cose ovali, raramente si va oltre qualche boxino. Ok, c’è la stampa locale, ma va detto che se non ci fossero i siti come OnRugby o Rugby1823 che la rilanciano a livello nazionale sarebbe relegata ai suoi ristretti ambiti territoriali. “La meta” è sparita da tempo e l’unica vera rivista che abbiamo è “All Rugby”, che è fatta molto bene e ha spunti interessanti però la pubblicità è solo “rugbistica”, sono sostanzialmente gli sponsor della nazionale a riprova che la nostra disciplina fa fatica ad attirare mondi che sono “altri”. Voglio dire, è un prodotto di qualità ma questo non basta. Professionismo significa anche poter vivere di quello che fai, no? Vivere oggi di rugby in Italia, se fai il giornalista, è molto complicato. Quelli che lo fanno non sono molti’.
Dietro le quinte della cronaca, delle interviste, delle anticipazioni c’è una grande mole di lavoro spesso gestita in maniera volontaria. Cosa spinge i cronisti e i blogger a continuare a ‘picchettare’ sulla tastiera tutti i giorni?
‘La passione, non essendo una questione di soldi – per la maggior parte di noi – può essere solo la passione’.
E’ quantificabile – e come può essere quantificato – il lavoro quotidiano dei giornalisti?
‘No, le variabili sono troppe. Chi lavora nei quotidiani ha quantità e incombenze diverse di chi lavora per un sito o per un mensile’.
Quali sono le problematiche maggiori che incontrano gli addetti ai lavori nei propri compiti quotidiani?
‘Anche qui dipende dalle specificità della testata per cui lavori. Per l’on line posso dire che la gestione dei commenti dei lettori è un problema non indifferente. Ma riguarda l’intero mondo di internet, non solo la sua parte rugbistica’.
Come giudica il rapporto tra giornalisti e club italiani? C’è un dialogo costante o ci si basa principalmente sui comunicati delle varie società?

‘Quello del rugby è un mondo abbastanza piccolo: i comunicati sono sicuramente importanti, poi ci sono i rapporti personali con questi ultimi che bypassano quelli che dovrebbero essere i rapporti formali. Voglio dire che se sono amico dell’allenatore ‘X’ basta che lo chiami per avere una intervista, senza passare dall’ufficio stampa. E’ comodo, ma non corretto. Colpa anche di noi giornalisti. Nell’Eccellenza quelle più professionali sono le Fiamme Oro, ma per loro è una questione istituzionale’.
Cosa manca al rugby italiano per fare un salto di qualità anche sotto l’aspetto dell’informazione?
‘Vedi sopra: soldi’.
Che canale non è ancora stato esplorato?
‘I network nazionali radiofonici, lo dico con cognizione di causa. Ma è difficilissimo’.
Come vorrebbe far crescere ora Il Grillotalpa? Quali step le piacerebbe affrontare? 
‘Riuscire a mantenere la voglia di fare le cose. Non è affatto scontato’.

 

 

Autore: Andrea Nalio

Polesano, giornalista dal 2008, lavora come free lance a Londra e rappresenta l'anima operativa di RugbyMercato.it. Nel recente passato ha collaborato con i quotidiani Il Resto del Carlino e La Voce di Rovigo e condotto la trasmissione "Linea di Meta" per Radio Kolbe. Ha pubblicato anche un libro: «Pepenadores. Insieme ai cacciatori di rifiuti»: Reportage sulla dignità dei riciclatori informali della discarica di Oaxaca (Messico).

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