Rugby Italiano in Eccellenza, tra oriundi e crisi nera

A lanciare l’allarme è stato ieri il Gazzettino, con un articolo firmato Ivan Malfatto che ha posto l’attenzione sul numero altissimo di contenziosi in atto per “stipendi” non versati dai club italiani a giocatori e tecnici, oltre che sulla bocciatura da parte del Coni della norma che vuole a referto un numero minimo di 17 atleti di formazione italiana. Due questioni tra loro distanti solo apparentemente, in quanto simbolo entrambe di un rugby italiano che dal 2000 in poi si è riempito la bocca della parola “professionismo”, senza però compiere quel processo di crescita che ha caratterizzato il resto dell’Europa ovale. Negli anni si sono sprecati soldi e tempo, senza costruire niente e lo dimostrano anche alcune realtà di vertice che si trovano in sofferenza finanziaria da anni, barcamenandosi per restare nell’Eccellenza o per coronare sogni di gloria passati (date uno sguardo a Milano…). Mentre i vivai venivano addirittura trascurati (per fortuna non da tutti), proprio gli oriundi hanno rappresentato una soluzione facile ed immediata per allestire squadre subito competitive a costi ragionevoli, grazie ad un’ondata di onesti mestieranti (e talvolta improvvisati quanto improbabili presunti campioni) favoriti da un’iniziale apertura massima verso chiunque avesse un passaporto italiano. Nel corso di un decennio si è invece passati alla situazione inversa, con una rigidità fin troppo esagerata, in quanto finisco col punire soprattutto i club minori e quanti in Italia ci giocano ormai da una vita, sono perfettamente integrati e hanno lasciato una dimensione di professionismo presunto che non esiste. Poco cambia invece ai vertici del movimento, in quell’Eccellenza che fatica ancora a trovare una sua dimensione, tra il limbo dilettantistico e la Magners League. Ecco dunque che mentre la Nazionale continua ad attirare sponsor e attenzione mediatica, anche se non vince proprio mai, il massimo campionato italiano si conferma come il modello più lontano da quel professionismo che talune realtà vorrebbero mantenere: niente controllo dei bilanci o presentazione di garanzie, contratti di “lavoro” spesso inesistenti, nessuna garanzia di retribuzione, impegno massimo da parte del giocatore e comunque cifre nettamente inferiori (anche del 60/70%) rispetto anche solo ad una Féd.1 francese, dove le retribuzioni sono nell’arco dei 12 mesi e non necessitano dei “trucchi” tanto abituali nel mondo dello sport dilettantistico. A fotografare un mondo che sta soffrendo in modo particolare la crisi è stato così l’avvocato Stefano Di Salvatore, presidente dell’AIR (Associazione Italiana Rugbisti), che ha svelato come sono già 70, circa, i contenziosi aperti da giocatori nei confronti del club di appartenenza. Un numero destinato ad aumentare per Di Salvatore: «L’estate scorsa con la crisi economica imperante e il ridisegno del professionismo e del rugby di vertice italiano – ha svelato – l’Air aveva previsto un centinaio di contenziosi nel corso della stagione. Ci è andata vicino. Ci arriveremo, purtroppo – continua – I contratti depositati in Fir sono solo il 40% di quelli in essere. Il problema riguarda sia la stagione vecchia, che quella in corso». Niente di nuovo comunque e niente che non fosse già noto, mentre Il Gazzettino si è addirittura sbilanciata facendo i nomi di alcuni dei club “cattivi”: realtà come L’Aquila, Venezia, Crociati (unione di Noceto e Rugby Parma) e Rugby Roma, dove i giocatori lamentano una sostanziale assenza di dialogo e spiegazioni da parte della dirigenza. Niente di nuovo sul fronte del rugby italiano insomma, che potrebbe ritornare presto al passato anche in tema di limitazioni al tesseramento di cittadini italiani: esprimendosi sul ricorso presentato da Santiago Monteagudo e José Pitavino, atleta molto noto il primo quanto sconosciuto giocatore di C il secondo;  L’Alta corte del Coni che ha «accolto parzialmente» i ricorsi contro la Fir dei due oriundi, ha infatti dichiarato illegittima e di conseguenza cancellato  la delibera del consiglio federale del 10 aprile scorso, nella parte in cui stabilisce in 17 il numero minimo di giocatori di formazione italiana da inserire nel foglio gara in Eccellenza. Una questione di mera burocrazia comunque però, come spiega Di Salvatore: «La Fir dal giorno della sentenza aveva tempo 30 giorni per adempiere, convocando il consiglio federale e modificando la delibera del 10 aprile . Mancano pochi giorni alla scadenza e una convocazione appare improbabile. Si può fare ricorso per mettere in mora la Fir. Ma con i tempi tecnici il nuovo giudizio non arriverà prima di maggio, a campionato praticamente finito.
Gli eventuali effetti non potranno ricadere nemmeno sul futuro. Infatti il Coni non contesta il tetto dei 17 giocatori, ma il principio di omogeneità nell’averlo portato di colpo da 12 a 17 rispetto ai campionati minori, dove l’aumento è stato minore. Quindi al massimo si potrà ottenere di ridurre il tetto a 14-15 per una stagione, ma quella successiva sarà di nuovo alzato». Una soluzione in puro stile italiano insomma, che finirebbe col rendere tutto ancor più ridicolo di quanto lo sia nella realtà, perché – conclude Di Salvatore – «la direttiva di tutelare i vivai, quindi i giocatori di formazione italiana, viene proprio dal Coni. Dal 2004 riguarda tutti gli sport di squadra, non solo il rugby».

Autore: Manuel Zobbio

Marketing Communication Manager presso Zani Serafino, azienda storica del cookware e del design made in Italy. Un master di specializzazione del Management dell'Atleta. E' con Marco Martello il referente italiano di Digidust Sport, primaria agenzia internazionale di marketing e sport management specializzata nel rugby. Co-Fondatore di RugbyMercato.it e anima di PiazzaRugby.it dal 2009, ha fatto parte della redazione del mensile Rugby! magazine, del settimanale lameta e di MondoRugby.com, collaborando anche con l'European Rugby Cup.

2 pensieri riguardo “Rugby Italiano in Eccellenza, tra oriundi e crisi nera”

  1. Leggo oggi sul Gazzettino che il DS dei Crociati ha dichiarato che i giocatori Crociati vengono retribuiti normalmente tutti i mesi.

  2. Confermiamo: Sau ha contattato la redazione del Gazzettino precisando che le uniche posizioni debitorie presenti sono riferite al Rugby Parma F.C. e non ai Crociati.
    Giusto riportare la precisazione, ma il problema per linee generali rimane.

Rispondi a ciugo Annulla risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com

Utilizzando il sito, accetti l'utilizzo dei cookie da parte nostra. maggiori informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fornire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o cliccando su "Accetta" permetti il loro utilizzo.

Chiudi