SECONDA MORAL SUASION PER INFLUENCER: PUBBLICITA’ OCCULTA VIETATA SEMPRE, ANCHE SUI SOCIAL NETWORK

A distanza di un anno dalla prima azione, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato è intervenuta nuovamente sul fenomeno dell’influencer marketing nei social media.

Tale fenomeno è, infatti, sempre più diffuso e rappresenta una modalità consolidata di comunicazione, consistente nella diffusione su blog, vlog e social network (come Facebook, Instagram, Twitter, Youtube, Snapchat, Myspace) di foto, video e commenti da parte di blogger e influencer che mostrano sostegno o approvazione (endorsement) per determinati brand, generando un effetto pubblicitario. Tale forma di comunicazione, inizialmente utilizzata da personaggi di una certa notorietà, si sta diffondendo presso un numero considerevole di utenti dei social network anche con un numero di follower non particolarmente elevato.

Poiché l’influencer marketing può dar luogo a forme di pubblicità occulta, nel proprio intervento del 2017, l’Autorità aveva sollecitato tutti gli operatori coinvolti a vario titolo nel fenomeno a conformarsi alle prescrizioni del Codice del Consumo, fornendo adeguate indicazioni atte a rivelare la reale natura del messaggio, laddove esso derivi da un rapporto di committenza e abbia una finalità commerciale, ancorché basato sulla fornitura gratuita di prodotti.
La risposta al primo intervento dell’Autorità del 2017 è stata positiva. Gli influencer e le imprese coinvolte hanno modificato le proprie condotte in senso più trasparente per i consumatori: si è osservato un maggior utilizzo di hashtag e riferimenti idonei a rivelare la natura pubblicitaria delle comunicazioni. Inoltre, l’Autorità ha rilevato un’evoluzione degli strumenti disponibili sui social network e delle modalità con le quali imprese e influencer possono raggiungere i consumatori. In particolare, le piattaforme di social network mettono a disposizione degli influencer specifici strumenti per rendere manifesto agli utenti il rapporto di sponsorizzazione. I titolari dei brand, a loro volta, possono utilizzare strumenti di notifica e controllo dei richiami ai propri marchi.

In questo secondo intervento, rivolto principalmente a influencer con un numero di follower non elevatissimo, ma pur sempre di rilievo, l’Autorità dopo aver ricordato che la pubblicità deve essere chiaramente riconoscibile come tale, affinché l’intento commerciale di una comunicazione sia percepibile dal consumatore, ha evidenziato come il divieto di pubblicità occulta abbia portata generale e debba, dunque, essere applicato anche con riferimento alle comunicazioni diffuse tramite i social network, non potendo gli influencer lasciar credere di agire in modo spontaneo e disinteressato se, in realtà, stanno promuovendo un brand.
Sotto tale profilo, se da un lato la visualizzazione di prodotti unitamente al posizionamento sull’immagine di un tag o un’etichetta che rinviano al profilo Instagram o al sito del brand sono idonei ad esprimere un effetto pubblicitario; dall’altro, la mancanza di ulteriori elementi può non rendere evidente per tutti i consumatori l’eventuale natura promozionale delle comunicazioni.
L’Autorità ha pertanto ricordato i criteri generali di comportamento e ha chiesto che sia sempre chiaramente riconoscibile la finalità promozionale, ove sussistente, in relazione a tutti i contenuti diffusi mediante social media, attraverso l’inserimento di avvertenze, quali, a titolo esemplificativo e alternativo, #pubblicità, #sponsorizzato, #advertising, #inserzioneapagamento, o, nel caso di fornitura del bene ancorché a titolo gratuito, #prodottofornitoda; diciture alle quali far sempre seguire il nome del marchio.

In ragione dell’ampiezza e del proliferare dei contenuti sui social network, l’Autorità continuerà a monitorare il fenomeno adottando le misure valutate di volta in volta più opportune per contrastarlo.

http://www.agcm.it/stampa/comunicati/9449-seconda-moral-suasion-per-influencer-pubblicità-occulta-vietata-sempre,-anche-sui-social-network.html

Rugby store innovativi…

La comunicazione ed il marketing sportivo hanno infinite declinazioni che solo la fantasia personale pongono come limite supremo.

Dai Granata TorinoQuesta volta vorrei porre la vostra attenzione su una attività davvero sorprendente. A Torino degli sfegatati tifosi del Torino calcio, di professione parrucchieri, hanno pensato bene di creare un negozio di taglio capelli a tematica granata, si chiama appunto “Dai Granata”. Il negozio non è solo punto di bellezza per i tifosi torinisti, ma anche luogo di ritrovo serale per iniziative legate al calcio e alla seconda società della città sabauda.

Dai Granata TorinoViene da pensare a luoghi come Rovigo o altre città, specie del Veneto, dove il rugby è primo sport cittadino, perché non pensare a iniziative del genere? Magari integrando uno spazio all’interno della club house a questo servizio, oppure prendendo uno spazio nel centro dove fare store multiservice (parrucchiere, vendita merchandise, acquisto biglietti partite, etc.). Renderebbe certamente a livello economico, sarebbe originale e darebbe un senso di appartenenza anche simpatico, certamente fuori dagli schemi noti. Permetterebbe anche delle promozioni innovative (sconti nel negozio per chi presenta il biglietto della partita, sconti alla partita per chi si fa un determinato taglio nello store).

Se tutto ciò vi sembra strano, sappiate che già ci furono promozioni simili nella Varese del basket anni novanta, dove si entrava alla partita a prezzi scontati se ci si presentava con i capelli verdi (!!!) come il playmaker di allora, quel Pozzecco che fu per il movimento cestistico una spinta importante come giocatore e personaggio. Tutto però era disorganizzato, legato all’iniziativa dei tifosi.

Questo renderebbe il rugby italiano, finalmente, un passo avanti rispetto al calcio. Infatti l’iniziativa di cui sopra ho citato l’esempio è gestita da privati e non ha particolari legami con la società sportiva, questo riduce la visibilità del negozio ed i possibili introiti sia per i privati che per la società sportiva. Questo è un invito a coloro che si muovono attorno al rugby con idee innovative a non temere, c’è già chi fa cose simpatiche ed interessanti in altri sport. Allo stesso tempo è un invito ai dirigenti sportivi del rugby nostrano ad osare laddove ancora neanche il calcio italiano lo fa in modo seriale.

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