Eccellenza, Serie A, Serie B… questione di nomi e non solo

Prendo spunto da un articolo pubblicato da Il Messaggero a firma Paolo Ricci Bitti, uno che il rugby italiano lo conosce bene e le segue da tempo, per toccare un tema a noi particolarmente caro. Un tema che ho avuto modo di affrontare in primavera, confrontandomi con altri professionisti del mondo dello sport management, in occasione di un master sul management dell’atleta presso Il Sole 24 Ore. Il tema è quello dell’appeal del massimo campionato italiano, debole a partire già dal nome, benché la visibilità possa aumentare grazie alle dirette streaming.

Paolo Ricci Bitti tratta il tema con cui mi trova completamente d’accordo, in occasione delle parole spese per raccontare la difficile situazione che sta affrontando il rugby aquilano: http://sport.ilmessaggero.it/rugby/il_triste_destino_dell_aquila_rugby_vittima_di_liti_da_pollaio_il_glorioso_club_vicino_alla_scomparsa_la_lettera_commovente_dei_giocatori-3274317.html

Anno dopo anno si rimanda il problema, ma prima o poi arriverà qualcuno che seppellisce l’infausta, equivoca, inutile e insopportabile definizione di Eccellenza per la massima serie? Ogni volta che si esce dall’angusta riserva ovale iniziano i fraintendimenti e le necessità di chiarire. Già non è facile spiegare perché i migliori giocatori italiani, quelli che negli altri sport sarebbero da serie A e nel giro della nazionale, siano in realtà ristretti in due franchigie (altra singolarità) destinate solo alle coppe europe. Ecco allora la prima serie, quella che assegna lo scudetto, ma non si chiama serie A, si chiama Eccellenza. Termine che in paese calciofilo come il nostro riporta alla ben poco lusinghiera quinta serie (sarebbe la serie E, insomma) del pallone tondo.
E solo dopo nel rugby viene la serie A, ovvero, in realtà, la B. E poi la C1 Elite (eh già, chissà che elite) e infine la C senza aggettivi, C plebea, il fondo del barile, perché più di cinque categorie il movimento non le sostiene. Ah, di professionismo si può parlare davvero, e non senza difficoltà, solo per le due franchigie.
Proposta: non ci vergogniamo di quello che siamo e chiamiamo le cose con il loro nome. Dopo le franchigie dovrebbe venire la Serie A, poi la B, poi la C e la D. Oppure, se i sapientoni del marketing storcono il naso, facciamo in alto il Top 10 e poi però ripartiamo da B e C. Perché continuare a confondere e a bluffare?

Queste parole hanno sempre più senso, anche alla luce della prossima “Serie A”, a 30 squadre!!!

Ben vengano Zebre e Benetton Treviso in Pro14, un settembre così piacevole non ce lo ricordiamo da tempo. Ma concordo con il giornalista de Il Messaggero, non p momento di far si che il Top 12 si chiami Serie A, così da poterlo meglio comunicare al mondo esterno. Possibilmente distribuendo meglio la piramide del rugby italiano, perché vi sia una vera e propria differenziazione e selezione all’interno dello stesso. Un tema che abbiamo intenzione di approfondire…

Tutto il campionato di Rugby in streaming e highlights su Italia 1

Un grande passo in avanti in termini di visibilità per il campionato italiano di rugby, con la copertura video di tutti gli incontri resi fruibili in streaming ondmand e gli highlight in chiaro su Studio Sport.

«A seguito dell’accordo raggiunto dalla FIR con MSNetwork, da questa giornata tutti gli incontri dell’Eccellenza saranno trasmessi in diretta streaming sul portale www.therugbychannel.it ed on-demand sul canale Youtube. Inoltre grazie all’accordo raggiunto da FIR con Mediaset, la visibilità dell’Eccellenza verrà significativamente implementata con la messa in onda degli highlights di ogni singola giornata all’interno di Studio Sport, il principale telegiornale sportivo di Italia 1. Repliche degli highlights di ogni giornata saranno disponibili inoltre nei TG di Italia 2 e di Premium Sport all’indomani della messa in onda su Italia 1 e resteranno visualizzabili nel portale di Studio Sport e sulle principali piattaforme social di FIR».

Roma – La FIR informa di aver raggiunto una serie di accordi volti a garantire la piena visibilità del Campionato Italiano di Eccellenza per la Stagione Sportiva 2016/2017, mettendo al tempo stesso a disposizione delle Società partecipanti un servizio di video-analisi dedicato.

A partire dalla quinta giornata del massimo campionato, in programma tra sabato 3 e domenica 4 dicembre, tutti gli incontri saranno prodotti da FIR in collaborazione con MSNetwork, che li trasmetterà in diretta streaming sul portale www.therugbychannel.it ed on-demand sul proprio canale Youtube, garantendo così per la prima volta la copertura integrale della principale competizione domestica organizzata da FIR.

Al tempo stesso, grazie all’accordo raggiunto con Mediaset, la visibilità dell’Eccellenza verrà significativamente implementata con la messa in onda degli highlights di ogni singola giornata all’interno di Studio Sport, il principale telegiornale sportivo di Italia 1.
Repliche degli highlights di ogni giornata saranno disponibili inoltre nei TG di Italia 2 e di Premium Sport all’indomani della messa in onda su Italia 1 e resteranno visualizzabili nel portale di Studio Sport e sulle principali piattaforme social di FIR.

L’aumentata copertura del massimo campionato impatterà positivamente anche sul lavoro degli staff tecnici che, grazie alla produzione federale di tutti i cinque incontri ed al servizio di video-analisi messo a disposizione dalla FIR potranno rivedere tutti gli incontri on-demand poche ore dopo la conclusione degli stessi, ed avranno a disposizione entro ventiquattro ore dalla fine dei singoli match, i principali tagli necessari ad analizzare gli incontri.

“Il Campionato di Eccellenza – ha dichiarato il Presidente della FIR, Alfredo Gavazzi – costituisce una tappa fondamentale nel percorso di formazione dei nostri giovani prospetti, e non possiamo che essere entusiasti all’idea di poter per la prima volta nella storia del nostro sport offrire ai nostri appassionati la possibilità di assistere in diretta a tutti gli incontri” ha dichiarato il Presidente della FIR, Alfredo Gavazzi.

“In un’era come quella odierna, caratterizzata da un incremento dell’uso dei social media, è importante dare rilevanza alla presenza del nostro sport in Italia sulle nuove piattaforme di comunicazione oggi disponibili, mantenendo al tempo stesso una presenza di qualità su canali più tradizionali. In questo senso riteniamo strategica la scelta di Mediaset che, con la messa in onda delle migliori azioni di ogni singola giornata, contribuirà significativamente a far conoscere il nostro campionato alla più ampia audience possibile”.

“Infine – ha concluso Gavazzi – siamo felici di poter mettere a disposizione delle nostre Società e dei loro staff tecnici un servizio dedicato di video-analisi che, sicuramente, potrà innalzare sempre più il livello dell’Eccellenza”.

Il servizio è partito sabato alle 14.30 con l’anticipo tra S.S. Lazio Rugby e FEMI-CZ Rovigo.

Tutte le strade di Andrea Bacchetti: da Rovigo a Roma, le 150 presenza Eccellenti del bersagliere cremisi

Dicono che tutte le strade portino a Roma. Una (mezza) verità per Andrea Bacchetti, che da tre anni ha scelto la via della Capitale, svestendo un rossoblu tanto caro quanto crudele per continuare il suo percorso sportivo con la divisa cremisi. ‘Dopo sette anni a Rovigo, la mia prima partita con le Fiamme è stata proprio al ‘Battaglini’. Prima di entrare in campo ero così emozionato che ho dovuto chiamare a casa per sfogarmi…’. Non tutte le strade di Bacchetti portano però a Roma. Molte, forse le più importanti, lo (ri)portano nella sua Rovigo. Una città che lo ha cresciuto e dove ha vissuto nel tempo emozioni così distanti tra loro che, nel bene o nel male, lo hanno formato e aiutato a tagliare oggi il traguardo delle 150 presenze nel massimo campionato nazionale.

Andrea: 28 anni e 150 presenze in campionato. Un bel traguardo…
‘Sì, è motivo di grande soddisfazione. Mi fa pensare che ho fatto qualcosa di buono in tutti questi anni di rugby’.
Un punto fisso nelle squadre per le quali ha giocato.
‘In effetti ho sempre preso parte ‘attivamente’ a tutte le partite che ho giocato, ma devo dire che sono stato anche fortunato, perché nel tempo ho mantenuto una forma fisica che mi consentisse di scendere in campo sempre al massimo’.
Bacchetti l’indistruttibile?
‘Non è solo merito mio, bensì anche degli staff che mi hanno seguito, sia nella mia vecchia società, il Rovigo, sia alle Fiamme Oro. In entrambe ho potuto toccare con mano un’alta professionalità’.
Tracciamo un primo bilancio della sua carriera sportiva.
‘Posso dire di essere sereno per tutto quel che ho fatto finora; ho raggiunto quasi tutti gli obiettivi che mi ero prefissato all’inizio della mia carriera: sognavo di indossare la maglia azzurra e l’ho fatto con la Nazionale maggiore, giocando anche il 6 Nazioni, e con la Nazionale 7 con la quale sono sceso in campo più volte; volevo esordire con la squadra della mia città e giocare una finale scudetto davanti al pubblico più bello d’Italia e in quello che considero il tempio del rugby italiano, il ‘Battaglini’, e l’ho fatto. Ho sempre scelto con la mia testa, confrontandomi e consigliandomi con la famiglia, che mi ha sempre supportato’.
Prima tappa: Rovigo. Grande ‘amore’ della sua vita.
‘Se nasci e cresci a Rovigo, non puoi non innamorarti del rugby. Ho iniziato a giocare a 6 anni seguendo i miei amici. Poi nel tempo ho capito che poteva diventare qualcosa di più…’.
Ci regala alcuni flashback?
‘La prima volta che ho indossato la casacca rossoblu, l’entrata in un ‘Battaglini’ stracolmo, il boato del pubblico una volta segnata la meta nella finale scudetto del 2011 – è servita a poco, ma non la scorderò mai -. Poi, il Trofeo Eccellenza vinto con le Fiamme proprio a Rovigo nel 2013 che mi ha regalato sentimenti contrastanti: ero al settimo cielo per aver vinto un trofeo al ‘Battaglini’, ma l’avevo fatto contro la squadra che mi aveva cresciuto…’.
Ancora oggi, nonostante vive a Roma, il legame con la sua città è ancora forte.
‘Sì, sono molto legato alla mia città. C’è la mia famiglia, i miei amici e i miei affetti più cari. Quello che ho con Rovigo e la sua gente è un rapporto speciale; ricordi indelebili che porterò per sempre dentro di me’.
Nel 2013 inizia la seconda tappa del suo cammino sportivo: le Fiamme Oro.
‘E’ stato il mio amico Marcello De Gaspari, che già giocava nelle Fiamme Oro, a parlarmi di questa società e del desiderio del team di tornare tra le ‘squadre che contano’ del rugby italiano. Così mi sono deciso a tentare il concorso per far parte del Gruppo sportivo della Polizia di Stato’.
Una scelta sportiva, ma anche di vita.
‘Certo, perché una volta appesi gli scarpini al chiodo, si ha la possibilità di rimanere in ambito sportivo ma anche di imparare un mestiere, quello del poliziotto. Per questo, ci tengo a ringraziare profondamente il presidente Armando Forgione’.
Cosa significa essere un giocatore delle Fiamme Oro?
‘Noi del Gruppo sportivo Fiamme oro siamo innanzitutto dei poliziotti, anche se svogliamo solamente attività sportiva. Per ora è questo il nostro lavoro, per il quale ci alleniamo giornalmente; seguiamo comunque anche dei corsi di aggiornamento che ci serviranno per svolgere la professione che faremo in futuro, quella del poliziotto. Tutti noi siamo perfettamente consci di questo, come anche del fatto che il nostro comportamento dentro e fuori dal campo deve essere sempre esemplare. In una società come le Fiamme Oro si hanno responsabilità che in altre non si hanno, perché rappresentiamo un’Istituzione, la Polizia di Stato. E questo, per tutti noi, è anche ragione di orgoglio’.
Nel suo percorso c’è anche una tappa azzurra.
‘Il ricordo più bello è stato l’esordio in Nazionale contro l’Irlanda al Flaminio. Ho avuto l’onore di vestire la maglia azzurra a 21 anni e partecipare al 6 Nazioni dopo un’ottima stagione con la maglia rossoblu. Ho conosciuto giocatori come Mauro e Mirco Bergamasco, Gonzalo Canale, Paul Griffen e tanti altri dai quali ho imparato molto sia in campo che fuori’.
Una decisione che Andrea Bacchetti riprenderebbe…
‘Quella di entrare a far parte della famiglia delle Fiamme Oro. Penso che per un giocatore, in Italia, avere la possibilità di allenarsi professionalmente ogni giorno, con strutture all’avanguardia e allo stesso tempo avere un futuro lavorativo già ‘scritto’, sia un qualcosa di impagabile che ti permette di dare tutto in serenità’.
Un rimpianto…
‘La finale scudetto persa nel 2011 a Rovigo contro il Petrarca. Era un sogno che avevo fin da piccolo e per l’occasione avevo cercato di dare tutto me stesso, come del resto anche i miei compagni di squadra. Ma si sa, lo sport è fatto anche di sconfitte, dalle quali si impara comunque molto’.
Un rito che compie prima di ogni partita.
‘Non seguo particolari rituali scaramantici. Cerco solo di pensare bene ai compiti che mi vengono assegnati, agli eventuali errori che potrei commettere e come cercare di evitarli’.
Un pensiero che ritorna prima di ogni partita.
‘Prima di entrare in campo, penso sempre alle persone a me care, perché credo che loro ti possano dare sempre una forza in più’.
Forse non tutti sanno che Andrea Bacchetti…
‘Piccolo segreto, dopo tanto tempo. Durante una partita, dopo pochi minuti, mi sono procurato una piccola frattura, ma ci tenevo troppo a restare in campo e dare sostegno ai miei compagni, così ho stretto i denti e ho comunicato l’infortunio allo staff solo alla fine del match, che tra l’altro abbiamo anche vinto. Ma non chiedetemi quale partita fosse, perché è un piccolo segreto che resta qui con me. Forse, a fine carriera…’.
Il suo prossimo obiettivo?
‘Dare il massimo per la maglia che indosso e cercare di giocare più partite possibili, segnando più mete che posso. Penso a stagione per stagione, settimana per settimana, partita per partita e poi, chissà… raggiungere le 200 presenze potrebbe essere il prossimo traguardo, ma intanto penso a vincere la prossima partita’.
Un giudizio sulle Fiamme di quest’anno.
‘Rispetto alla passata stagione siamo cambiati. La rosa si è arricchita di giocatori di livello assoluto, come pure lo staff, di livello professionale altissimo. Tutti insieme cercheremo di arrivare il più lontano possibile. L’unica cosa che posso dirvi con certezza, è che daremo battaglia sempre e faremo capire a tutti che affrontare le Fiamme Oro non sarà una passeggiata per nessuno’. (foto profilo Facebook Andrea Bacchetti)

Squadre cadette e circolazione degli atleti: quando il regolamento Fir non tiene conto della realtà

Continua a far discutere la regola inserita nella circolare informativa federale 2016/2017 che fissa le direttive delle squadre cadette e la circolazione degli atleti tra i due team. Il derby di Serie C2 tra Rovigo e Frassinelle disputato qualche settimana fa in Polesine ha riproposto la delicata questione che, in questa stagione, era già stata portata alla luce in altre circostanze (anche nella sfida tra Villadose e Caimani di inizio ottobre).

I FATTI

Chiariamo che i club citati in questione hanno sfruttato la situazione nel pieno rispetto delle norme, ma il riproporsi di tale condizione offre la possibilità di analizzare nuovamente il regolamento e le lacune che lo stesso presenta.

L’articolo 1 della sezione che regolamenta l’attività delle squadre cadette recita chiaro.

Le società che partecipano al Campionato di Eccellenza, Serie A, Serie B e Serie C girone 1,  hanno  la  facoltà  di  iscrivere  una  seconda  squadra  seniores  (squadra cadetta)  ad  un  campionato  di  livello  inferiore  a  quello  in  cui  è  iscritta  la  1^ squadra’.

Le società dunque devono presentare due liste separate di 50 atleti (25 per ogni team), compresi giocatori under 23 (nati cioè tra il 1994 e il 1999), specificando obbligatoriamente la squadra di appartenenza degli stessi. Gli under 23 invece, sono di libera circolazione tra le due formazioni.

Il punto 5 della stessa sezione chiarisce poi un aspetto fondamentale dell’utilizzo degli atleti.

Il  giocatore  iscritto  nella  lista  della  squadra  cadetta,  potrà  essere  utilizzato nella attività della prima squadra per non più di 4 volte dal momento che dalla quinta utilizzazione lo stesso sarà iscritto d’ufficio nella lista della prima  squadra  e  non  potrà  essere  utilizzato  nella  attività  cadetta  pena l’applicazione dell’art. 29 Regolamento di Giustizia’.

Una sorta di limitazione, dunque, per quei giocatori che vengono utilizzati con più frequenza in prima squadra. E proprio questo aspetto della regola offre lo spunto di analizzare tale frangente, a nostro avviso (troppo) sottovalutato a livello federale.

Prendendo l’esempio del derby polesano, Rovigo ha portato in distinta cinque giocatori che regolarmente si allenano con la prima squadra. Tradotto: tra i sei e gli otto allenamenti alla settimana in un club tra i più attrezzati a livello di strutture e professionale sotto tutti i punti di vista. Giocatori che poi sono scesi in campo contro ragazzi, quelli di Frassinelle, che vivono una realtà amatoriale, allenandosi due/tre volte alla settimana. Un confronto impari, in una categoria non professionistica dove un paio di elementi di livello certamente fanno la differenza e sono in grado – quando utilizzati – di indirizzare il match a proprio favore.

Senza contare poi che, dalla libera circolazione dei giocatori under 23 (quindi senza restrizioni di presenze con la prima squadra) possono diventare protagonisti elementi che, con l’Eccellenza (e magari con le competizioni europee) hanno già una discreta confidenza.

L’aspetto sportivo tuttavia passa in secondo piano se l’analisi si focalizza sulla sicurezza degli atleti. Può essere equilibrato il confronto tra un giocatore che, fisicamente, si prepara al match con metodi professionali (allenandosi due volte al giorno e beneficiando delle tecniche di allenamento di un club professionistico) e un altro che, per scelte di vita, possibilità o semplici capacità, vede il rugby come pura passione da vivere al termine di una giornata lavorativa?

Allontanando il focus dal caso specifico – e ribadendo il pieno diritto delle squadre di sfruttare questo aspetto regolamentare -, rimane il dubbio che, come è spesso accaduto in passato, gli organi federali, impostando questo tipo di regolamento, non abbiano appieno inquadrato le differenze strutturali che separano le diverse categorie.

Alla scoperta delle maglie d’Eccellenza. A Padova sono tornati ‘tuttineri’

Club fortemente legato alle proprie tradizioni, il Petrarca di quest’anno ha deciso di ‘abbandonare’ quelle sfumature di bianco che avevano contraddistinto le divise delle scorse stagioni e presentarsi al via del campionato con una divisa interamente nera, colore dominante anche su pantaloncini e calzettoni.

La particolarità della maglietta indossata dagli uomini di Cavinato è un triangolo bianco-scudato che squarcia la fine della maglietta nel lato sinistro. Croce rossa su sfondo bianco, in onore dello stemma cittadino che contraddistingue la città del Santo. (foto sito Profilo Facebook Petrarca Rugby)

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