Dicono che tutte le strade portino a Roma. Una (mezza) verità per Andrea Bacchetti, che da tre anni ha scelto la via della Capitale, svestendo un rossoblu tanto caro quanto crudele per continuare il suo percorso sportivo con la divisa cremisi. ‘Dopo sette anni a Rovigo, la mia prima partita con le Fiamme è stata proprio al ‘Battaglini’. Prima di entrare in campo ero così emozionato che ho dovuto chiamare a casa per sfogarmi…’. Non tutte le strade di Bacchetti portano però a Roma. Molte, forse le più importanti, lo (ri)portano nella sua Rovigo. Una città che lo ha cresciuto e dove ha vissuto nel tempo emozioni così distanti tra loro che, nel bene o nel male, lo hanno formato e aiutato a tagliare oggi il traguardo delle 150 presenze nel massimo campionato nazionale.
Andrea: 28 anni e 150 presenze in campionato. Un bel traguardo…
‘Sì, è motivo di grande soddisfazione. Mi fa pensare che ho fatto qualcosa di buono in tutti questi anni di rugby’.
Un punto fisso nelle squadre per le quali ha giocato.
‘In effetti ho sempre preso parte ‘attivamente’ a tutte le partite che ho giocato, ma devo dire che sono stato anche fortunato, perché nel tempo ho mantenuto una forma fisica che mi consentisse di scendere in campo sempre al massimo’.
Bacchetti l’indistruttibile?
‘Non è solo merito mio, bensì anche degli staff che mi hanno seguito, sia nella mia vecchia società, il Rovigo, sia alle Fiamme Oro. In entrambe ho potuto toccare con mano un’alta professionalità’.
Tracciamo un primo bilancio della sua carriera sportiva.
‘Posso dire di essere sereno per tutto quel che ho fatto finora; ho raggiunto quasi tutti gli obiettivi che mi ero prefissato all’inizio della mia carriera: sognavo di indossare la maglia azzurra e l’ho fatto con la Nazionale maggiore, giocando anche il 6 Nazioni, e con la Nazionale 7 con la quale sono sceso in campo più volte; volevo esordire con la squadra della mia città e giocare una finale scudetto davanti al pubblico più bello d’Italia e in quello che considero il tempio del rugby italiano, il ‘Battaglini’, e l’ho fatto. Ho sempre scelto con la mia testa, confrontandomi e consigliandomi con la famiglia, che mi ha sempre supportato’.
Prima tappa: Rovigo. Grande ‘amore’ della sua vita.
‘Se nasci e cresci a Rovigo, non puoi non innamorarti del rugby. Ho iniziato a giocare a 6 anni seguendo i miei amici. Poi nel tempo ho capito che poteva diventare qualcosa di più…’.
Ci regala alcuni flashback?
‘La prima volta che ho indossato la casacca rossoblu, l’entrata in un ‘Battaglini’ stracolmo, il boato del pubblico una volta segnata la meta nella finale scudetto del 2011 – è servita a poco, ma non la scorderò mai -. Poi, il Trofeo Eccellenza vinto con le Fiamme proprio a Rovigo nel 2013 che mi ha regalato sentimenti contrastanti: ero al settimo cielo per aver vinto un trofeo al ‘Battaglini’, ma l’avevo fatto contro la squadra che mi aveva cresciuto…’.
Ancora oggi, nonostante vive a Roma, il legame con la sua città è ancora forte.
‘Sì, sono molto legato alla mia città. C’è la mia famiglia, i miei amici e i miei affetti più cari. Quello che ho con Rovigo e la sua gente è un rapporto speciale; ricordi indelebili che porterò per sempre dentro di me’.
Nel 2013 inizia la seconda tappa del suo cammino sportivo: le Fiamme Oro.
‘E’ stato il mio amico Marcello De Gaspari, che già giocava nelle Fiamme Oro, a parlarmi di questa società e del desiderio del team di tornare tra le ‘squadre che contano’ del rugby italiano. Così mi sono deciso a tentare il concorso per far parte del Gruppo sportivo della Polizia di Stato’.
Una scelta sportiva, ma anche di vita.
‘Certo, perché una volta appesi gli scarpini al chiodo, si ha la possibilità di rimanere in ambito sportivo ma anche di imparare un mestiere, quello del poliziotto. Per questo, ci tengo a ringraziare profondamente il presidente Armando Forgione’.
Cosa significa essere un giocatore delle Fiamme Oro?
‘Noi del Gruppo sportivo Fiamme oro siamo innanzitutto dei poliziotti, anche se svogliamo solamente attività sportiva. Per ora è questo il nostro lavoro, per il quale ci alleniamo giornalmente; seguiamo comunque anche dei corsi di aggiornamento che ci serviranno per svolgere la professione che faremo in futuro, quella del poliziotto. Tutti noi siamo perfettamente consci di questo, come anche del fatto che il nostro comportamento dentro e fuori dal campo deve essere sempre esemplare. In una società come le Fiamme Oro si hanno responsabilità che in altre non si hanno, perché rappresentiamo un’Istituzione, la Polizia di Stato. E questo, per tutti noi, è anche ragione di orgoglio’.
Nel suo percorso c’è anche una tappa azzurra.
‘Il ricordo più bello è stato l’esordio in Nazionale contro l’Irlanda al Flaminio. Ho avuto l’onore di vestire la maglia azzurra a 21 anni e partecipare al 6 Nazioni dopo un’ottima stagione con la maglia rossoblu. Ho conosciuto giocatori come Mauro e Mirco Bergamasco, Gonzalo Canale, Paul Griffen e tanti altri dai quali ho imparato molto sia in campo che fuori’.
Una decisione che Andrea Bacchetti riprenderebbe…
‘Quella di entrare a far parte della famiglia delle Fiamme Oro. Penso che per un giocatore, in Italia, avere la possibilità di allenarsi professionalmente ogni giorno, con strutture all’avanguardia e allo stesso tempo avere un futuro lavorativo già ‘scritto’, sia un qualcosa di impagabile che ti permette di dare tutto in serenità’.
Un rimpianto…
‘La finale scudetto persa nel 2011 a Rovigo contro il Petrarca. Era un sogno che avevo fin da piccolo e per l’occasione avevo cercato di dare tutto me stesso, come del resto anche i miei compagni di squadra. Ma si sa, lo sport è fatto anche di sconfitte, dalle quali si impara comunque molto’.
Un rito che compie prima di ogni partita.
‘Non seguo particolari rituali scaramantici. Cerco solo di pensare bene ai compiti che mi vengono assegnati, agli eventuali errori che potrei commettere e come cercare di evitarli’.
Un pensiero che ritorna prima di ogni partita.
‘Prima di entrare in campo, penso sempre alle persone a me care, perché credo che loro ti possano dare sempre una forza in più’.
Forse non tutti sanno che Andrea Bacchetti…
‘Piccolo segreto, dopo tanto tempo. Durante una partita, dopo pochi minuti, mi sono procurato una piccola frattura, ma ci tenevo troppo a restare in campo e dare sostegno ai miei compagni, così ho stretto i denti e ho comunicato l’infortunio allo staff solo alla fine del match, che tra l’altro abbiamo anche vinto. Ma non chiedetemi quale partita fosse, perché è un piccolo segreto che resta qui con me. Forse, a fine carriera…’.
Il suo prossimo obiettivo?
‘Dare il massimo per la maglia che indosso e cercare di giocare più partite possibili, segnando più mete che posso. Penso a stagione per stagione, settimana per settimana, partita per partita e poi, chissà… raggiungere le 200 presenze potrebbe essere il prossimo traguardo, ma intanto penso a vincere la prossima partita’.
Un giudizio sulle Fiamme di quest’anno.
‘Rispetto alla passata stagione siamo cambiati. La rosa si è arricchita di giocatori di livello assoluto, come pure lo staff, di livello professionale altissimo. Tutti insieme cercheremo di arrivare il più lontano possibile. L’unica cosa che posso dirvi con certezza, è che daremo battaglia sempre e faremo capire a tutti che affrontare le Fiamme Oro non sarà una passeggiata per nessuno’. (foto profilo Facebook Andrea Bacchetti)