15 giocatori per parte e in mezzo l’uomo in più, il direttore di gara, un attore la cui importanza è perlomeno pari a quella di chi il pallone lo gioca. Ho sempre pensato che un arbitro di rugby possa, con le proprie decisioni, condizionare una partita molto più di un arbitro di calcio. Con le piccole decisioni, non con le grandi. Lancio storto in touche, fuorigioco, tenuto, muro, velo, placcaggio alto, ecc, ecc.
Hammer’s field: l’uomo in più. Quando il rispetto internazionale dobbiamo pretenderlo.
Da qui forse il rispetto assoluto di cui deve godere il fischietto del match, perlomeno sul terreno di gioco.
Ci devi credere nella buona fede e nell’indipendenza dell’arbitro, altrimenti sono polemiche continue.
Ecco, il punto è questo. Ormai nei commenti televisivi e ancor di più sulle tribune dei campi di gioco, si parla in larga parte di quello che l’arbitro decide e non decide, e sempre meno degli aspetti tecnici.
Vorrei sentire parlare di rugby, non di arbitri.
Detto questo, parlo di arbitri…Coerente, eh?
Pur non capendo certi arbitraggi, e la non linearità di giudizio nel corso di una partita, dico che arbitrare è difficile.
Ma una cosa non la sopporto più a livello Internazionale.
Non è ora di finirla con l’idea che l’Italia e le squadre italiane devono aumentare la propria reputazione prima di avere assoluta parità di giudizio? Ma cosa significa?!? Il rugby è l’unico sport in cui viene implicitamente ammesso ciò, ed è un concetto da rifiutare con forza.
Ulster – Treviso di venerdì sera è emblematica. La bilancia di giudizio con l’occhio severo verso gli italiani e accondiscendente verso i paladini di Belfast. E le partite perse per nebbia? I campi ghiacciati giudicati dall’avversario di turno?
Un movimento forte deve essere forte in ogni sua componente, a partire dai dirigenti.
E bisogna stare compatti, che al di là delle retoriche rugbistiche, nessuno ci darà una mano tranne noi stessi.
Il rispetto non si chiede, si prende [Zlatan Ibrahimovic]
Il Martello