Domenica pomeriggio mi sono rilassato vedendo un po’ di sport in televisione, ho approfittato anche per vedere il rugby di eccellenza. Quello che mi ha fatto pensare è la questione sponsor di maglia. Ogni società ha il suo stile e di cose interessanti se ne vedono, ma c’è un problema molto importante che è la frammentazione delle sponsorizzazioni.
Troppe maglie hanno una quantità di loghi eccessive e a volte anche troppo piccoli, per cui lo sponsor non solo non viene identificato, ma a volte si confonde tra gli altri loghi aziendali, con notevole perdita di efficacia della sponsorizzazione stessa in termini di riconoscibilità del marchio e appeal sul pubblico da casa.
Le soluzioni ci sono e sono di differenti possibilità, per esempio, guardando agli altri sport mi vengono in mente due soluzioni. La pallacanestro anni ’90 a Varese produsse il progetto Roosters (galletti) dove la maglia restava libera dai loghi delle aziende che venivano riprodotti in ogni dove nel palazzetto e in tutto l’abbigliamento che non fosse quello con cui si scendeva a giocare la partita, oltre che sugli stampati, i fondali per le interviste, etc. .
Altra possibilità, quella che la Regione Piemonte fece con Roberto Rolfo nel motomondiale 250cc nei primi anni 2000 (progetto di sponsorizzazione collettivo “Il Piemonte corre” n.d.r.) dove gli sponsor venivano ad ottenere la totale visibilità ad ogni singola gara, su target ancora più mirato rispetto al solito (ti interessa il mercato malese? appari lì e stop) e ovviamente tanti plus come stand all’esterno, ristorazione per un certo numero di persone invitate dalla dirigenza, etc.
Anche nel rugby ogni partita ha un target possibile, una zona di riferimento su cui fare leva pubblicitaria.
Esperienze passate positive ce ne sono, le dirigenze societarie hanno necessità di ampliare le proprie conoscenze e curiosare negli altri sport perché di possibilità ce ne sono molte e possono attrarre anche aziende nuove. Il problema è anche a livello federale, quando si consiglia alle società di attivarsi per avere sponsorizzazioni dagli amici e dai conoscenti si fa il gioco di una teoria che porta alla moria dell’appeal del rugby visto come businessss. La sponsorizzazione non è una donazione per mecenatismo, sempre che si voglia rendere professionale il rugby e lo si voglia far crescere.
Pongo poi, una domanda a voi lettori, ma con un poco di autoironia perché non contattare una società che produce utensili da cucina tra cui i cucchiai di legno? Sarebbe un modo intelligente e scanzonato di trovare sostegno in nuove aziende sia a livello federale, sia a livello societario.
N.D.R. Ovviamente non chiedetelo al nostro Emanuele (che si divide tra GSF Italia e, nemmeno a farlo apposta, uno storico brand del made in Italy nei casalinghi Serafino Zani), che a questa proposta ha così risposto: «Siamo a posto… per i cucchiai di legno non ci serve un altro fornitore…»...